giovedì 10 novembre 2011

LA VERA STORIA DELL'OMO VESPA - TERRORIZZANTI VICENDE NELLA TRIESTE DEL VENTENNIO!

Buondì a tutti, mularia mata... dopo aver pubblicato due anni fa sul sito Bora.la (che ringrazio), una versione ridotta della storia del mitico Omo Vespa, oggi la ripropongo sul mio blog, più completa e più "pupolata", ovvero, ai disegni originali in bianco e nero, da me realizzati nel 2001, ne aggiungo altri in tema, colorati e realizzati più di recente
I disegni, tratti da un mio fumetto dedicato proprio all'Omo Vespa, ripropongono la mia parodia triestinizzata dei personaggi Disney anni '30, già nota ai lettori di codesto blog, con il nome di "Disneyan-patoco".
Come sempre, cliccandoci sopra con il mouse, potete visualizzarli meglio ad una più alta risoluzione.

Dunque, l'OMO VESPA!
Qualcuno forse l'aveva già intuito dalle scorse tre anteprime degli ultimi tre post (escludendo quello su Damiano Vitale)... lui! Il noto maniaco con punteruolo dell'altrettanto celebre canzone triestina. Quello che sponzeva le culate drioman... 







TRIESTE, Anno Domini 1932

UN MISTERIOSO ESSERE MUNITO DI UN PUNTERUOLO ACUMINATO  (PROBABILMENTE, UN RUDIMENTALE ROMPIGHIACCIO), TERRORIZZA LA CITTA', COMPIENDO MALEFICHE IMPRESE NOTTURNE... IL PODESTA' PITACCO DA' IMMEDIATAMENTE L'ORDINE ALLE FORZE DI PUBBLICA SICUREZZA DI RINTRACCIARE ED ARRESTARE QUELLO CHE VIENE SUBITO DEFINITO UN VERO E PROPRIO MANIACO SERIALE.
UNA STORIA RACCAPRICCIANTE, AMMANTATA DA DUBBI E MISTERI.
UN'OSCURA VICENDA CHE ANCOR OGGI EMERGE, SINISTRA, DALLE PIEGHE DEL TEMPO, E CHE DOPO QUASI OTTANT'ANNI VUOLE UNA SPIEGAZIONE CHIARA, RAZIONALE E DEFINITIVA!





Tutto iniziò una mattina di quasi ottant'anni fa, allorquando un piccolo trafiletto sul giornale parlò di uno strano episodio verificatosi la notte prima:

BARISTA FERITA DA UNO SCONOSCIUTO MENTRE IMBOCCA VIA CARDUCCI
Nelle prime ore di stamane, mentre usciva dal bar Procuratie di piazza Goldoni, ove aveva lavorato nel corso della nottata, la barista Maria Forza di 56 anni si accorse che un individuo la pedinava. Impressionata, affrettò il passo ma l’individuo la raggiunse proprio all’angolo di via Carducci, la colpì al fianco sinistro con un oggetto appuntito, per fortuna non producendole che una leggerissima ferita superficiale ledente appena la prima cute. Quindi l’individuo si diede alla fuga senza che la donna potesse scorgerlo in viso. All’ospedale Regina Elena, ove si recò ad ogni buon conto per farsi visitare da un sanitario, la Forza escluse che l’individuo avesse agito a scopo di rapina, escludendo d’altro canto che si trattasse di vendetta. La piccolissima lesione da lei riportata è stata esaminata dai medici che però non hanno potuto stabilire se sia stata prodotta con un coltello o un altro oggetto appuntito.
(da “Le ultime notizie”, 7 marzo 1932)



 Successivamente, il quotidiano "Il Piccolo" riportò un sinistro titolo: "SQUILIBRATO O MALVAGIO?"



 Dopo due settimane circa, l'empio essere si ripresentò sulle scene cittadine. Il Piccolo scrisse di ben sei ragazze, ferite ai posteriori da un tizio alto, avvolto in un mantello scuro, che, con un punteruolo aguzzo (forse un rompighiaccio), si diverte ad infliggere delle dolorose punture totalmente indirizzate ai fondoschiena di queste disgraziate fanciulle. Sempre durante le ore notturne, confidando nel buio impenetrabile.








In brevissimo tempo, in città si scatenò una vera e propria psicosi causata dagli attacchi notturni di questo maniaco, subito ribattezzato dal popolo "OMO VESPA"!
Contemporaneamente, iniziò anche una caccia all'uomo improvvisata da parte di alcuni impavidi cittadini, dopo che pure le autorità di Pubblica Sicurezza si erano messe sulle tracce del maniaco, spronati da un ordine di cattura emesso dal Podestà di Trieste, Giorgio Pitacco.



(Nel mio pupolo qui sotto, un voluto omaggio al grande cartoonist statunitense Carl Barks)









Le ricerche della Polizia si svolsero soprattutto nei sotterranei della zona di Cittavecchia, poiché negli anni '30 era d'uso comune, per molti criminali e contrabbandieri, trovare rifugio nei vasti cunicoli del sottosuolo urbano. Antiche gallerie di fuga medievali, ma pure antichissimi scoli dell'acqua, dove chiunque poteva nascondersi da tutto e da tutti!





Intanto le malefatte del terribile maniaco notturno, continuavano senza sosta, notte dopo notte...



Tutto ciò, non senza destare preoccupazione in una buona fetta della popolazione, e suscitando anche un'incredibile ilarità.













Il popolare giornalino satirico-pupazzettato "Marameo", iniziò a pubblicare giornalmente delle divertenti vignette.






Le cronache dettagliate dei continui attacchi del maniaco, venivano redatte, giorno dopo giorno, su Il Piccolo, dal brillante giornalista, nonché compositore di canzonette per passione, Flaminio Cavedali!
I suoi titoli, ed i suoi articoli sull'Omo Vespa, erano sempre un misto tra l'allarmistico ed il goliardico:

L’uomo-vespa, altre quattro ragazze punzecchiate!” (da “Il Piccolo”, 24 marzo 1932). “L’uomo-vespa acciuffato?” (da “Il Piccolo delle ore 18″, 24 marzo 1932).







  


Ad un certo punto, nella sede del quotidiano si presentò anche un bandaio, ovvero un lattoniere! Tale Giacomo Ziuch -questo era il suo nome- presentò un suo particolare lavoro ad un divertito Cavedali. Quest'ultimo realizzò un'intervista al lattoniere (noto agli amici come "Giacomin, capobanda del casin"), dov'egli si mise a spiegare a cosa mai servisse l'aggeggio chiamato "Paraspunte"!


- ??
- La vedi sto ogeto?
- Lo vedo.
- la sa per cossa che ‘l servi?
- Mah !…
- La indovini…
- Non saprei…
- Ben, ghe dirò: sto qua rapresenta la difesa unica contro le sponte de l’omo vespa!
- Bella, per Diana!
- Ah, no ghe par anca a lei? La vedi: sto qua le mule se lo liga con ste slinghe sora o soto el combiné, e le pol andar per i fati sui senza aver paura de la sponta
- Bravo!
- Mi go fato intanto le pratiche par brevetar sto ogeto e go zà messo in lavor na dozina de pezi de diverse forme. Ma però go intenzion, se la taca, de farli sora misura. Roba fazile, perché ciogo la impronta col gesso de presa.
- Col “gesso de presa” ?
- Zà, fazo el gesso in t’un cadin o in t’una mastela, o in t’una meza bota, a seconda de la grandeza del… sogeto, la me capissi?
- Comprendo…
- Fazo sentar in tel gesso la cliente e co go el controstampo fazo el …
- Il ?…
-Zà, bisognaria darghe un nome. Ciamemolo el “salva… corpo”.
- Una bella idea.
- Mi digo…
- Come le è venuta?
- La sa come? Mia moie, impresionada perché la ga un per de fianchi -no fazo per dir perché che la xè mia moie- un per de fianchi che fa voia de pizigarli e de sponzerli, la se gaveva ligado drio de la schena el semicupo. Sicome tuti ghe rideva, go pensà de fabricar sto ogeto… Ah, cossa ghe par? Speremo che tachi…
- Eh, tutto dipende dalla piega che prenderanno gli avvenimenti. Se riescono ad arrestare l’uomo-vespa, la sua invenzione sarebbe inutile.
- Orpo, saria pecà, mi saria un omo rovinado; con tanta fadiga e soldi che go speso per el lamierin e per el gesso. E desso par el breveto de l’invenzion ne dovaria spender ancora. ma mi spero che no i lo aresti, saria pecà, perché quala saria quela mula che no spendaria quaranta lire per un “salva… corpi” ?
- Infatti…
E l’inventore della difesa contro le punzecchiature dell’uomo-vespa se ne andò, fiero della sua invenzione.” (da “Il Piccolo“, 26 marzo 1932)






 In seguito, sulle tracce dell'Omo Vespa, si misero alcuni ex poliziotti, per cercare di stanarlo. Il maniaco sembrava prediligere i rioni popolari, con una particolare preferenza per la zona compresa tra il colle di San Giusto e le anguste vie di Cittavecchia. Da qui, successivamente, partì anche la convinzione che il suo rifugio potesse trovarsi proprio nella stretta rete di cunicoli presenti nel sottosuolo, entro il perimetro delle antiche mura medievali della città. Tali gallerie, si snodavano, in un fitto intreccio, sotto l'Arco di Riccardo, la Chiesa di S.Maria Maggiore ed il vicino collegio gesuitico (allora adibito ad ospitare anche alcune carceri), e le vie di Crosada e del Fontanone, sbucando nelle cantine della casa ottocentesca Rotonda Pancera. Queste cantine, all'inizio dell'800, furono già sede di riunioni massoniche.














Nel frattempo, tra le varie notizie che documentavano le micidiali punture notturne dell'Omo Vespa, apparirono anche alcuni articoli scritti di proprio pugno dallo stesso maniaco!! Il presunto Omo Vespa, fece sapere alla stampa di essere "un fustigatore della pubblica immoralità", e che il suo punzecchiare non era altro che "la giusta punizione divina, diretta alle scostumate che, con gonne provocanti e vestiario alquanto scollacciato, continuano impudentemente a turbare la più pura e profonda moralità dell'essere umano"!



Persino i giornali nazionali si occuparono del caso dell'Omo Vespa, come, ad esempio, "La Stampa" di Torino (della quale pubblico l'articolo in tema -risalente al 31 marzo del 1932- qui sotto):




L'allora noto giornalista del "Corriere della sera", Renato Simoni -molto conosciuto, soprattutto nel milanese, anche come un autore di opere- scrisse sull'Omo Vespa un lungo articolo, dal titolo più che proverbiale: "L'aculeo della morale"!



Pubblico un pezzettino dell'articolo di Simoni, sul Corriere dell'epoca:
L’uomo-vespa, dunque, andava per le vie di Trieste, pungendo pulzelle e maritate, per castigarle “delle leggiadre movenze che inducono gli uomini in tentazione”. Perciò s’è conferito il titolo di “uomo della giustizia” e ha fatto sapere che per la stagione corrente sospende le punture, deciso però a rimettersi all’opera ai primi caldi, se vedrà in giro scollature immodeste.
I primi caldi sembrano ancora lontani e perciò quel vindice della morale offesa per due o tre settimane potrà riposare. Ne deve aver bisogno; non tanto per la mole del lavoro compiuto, quanto per il tormento di quello che non ha potuto compiere. Pensate! Da un momento all’altro egli è diventato responsabile delle leggiadre movenze femminili. Gli è piombato addosso il dovere di colpirle, ad una ad una, con uno spillone o con altra simile arma bianca. Ma un uomo-vespa solo poteva essere sufficiente per tanta bisogna? Le donne s’atteggiano e camminano graziosamente tutte.
E’ un funesto dono che hanno avuto dalla natura e dalla società accordatesi all’uopo. Perciò nello stesso momento in cui una tentatrice, fulmineamente o misteriosamente castigata, mandava uno strillo, altre dieci, altre venti, altre cento tiravano via incolumi, con altrettante leggiadre movenze, lì vicino o lontano, in tutte le città del mondo, conturbando i poveri uomini che si sa bene come vivrebbero morigerati se non fossero proprio trascinati per i capelli verso l’impurità! Come si sarà disperato l’uomo-vespa a trovarsi, così solingo, di dietro a tutti quei bersagli semoventi! Sarebbe stato necessario scagliare, contro di essi, interi vespai; e le leggiadre movenze, avrebbero certo superato di molto il numero dei dardi punitivi.
Né questo sentimento dell’inanità e inadeguatezza dello sforzo di fronte all’immensità del dovere era, per l’uomo-vespa, il male peggiore. Il male peggiore stava nell’essere costretto ad esporsi a tante tentazioni. Perché una movenza leggiadra gli sembrasse meritevole dell’acuta punizione, era necessario che egli sperimentasse su di sé, ossia in “corpore vili”, il suo fascino perverso e peccaminoso. Purtroppo ci sono uomini che apprezzano la bellezza muliebre senza sentire sempre risvegliarsi nella caverna della coscienza, il gorilla atavico.
Questa è gente che non punge le passeggiatrici e perciò lascia che le cose del mondo vadano a catafascio!
L’austero giustiziere, invece, poteva ardere di sdegno solo dopo aver bruciato di cupidigia. Prima di diventare uomo-vespa, doveva essere passato attraverso altre forme di meno pudibonda bestialità.
(dal “Corriere della Sera” di fine marzo 1932)

 Con l'inizio del mese di aprile 1932, cessarono gli attacchi dell'Omo Vespa, improvvisamente, così com'erano iniziati quasi in sordina. Contemporaneamente, anche i vari giornali cittadini interruppero il loro continuo dar fiato alle trombe.
Sulla vicenda nacque pure una canzonetta. Le parole furono modellate dal popolo su alcune note di una marcetta austro-ungarica, e, soprattutto, su "Tommy", una canzone del 1929, a firma Cherubini-Di Lazzaro, resa celebre dall'allora noto cantante Mario Latilla, padre di Gino.




L'autentico Omo Vespa, probabilmente fu catturato dalla Polizia (almeno questa era una delle voci che si erano sparse subito dopo la fine dei suoi attacchi notturni). Ma forse, se ne andò via per la sua strada e/o comunque smise di essere "l'Omo Vespa"!


Personalmente posso qui riportare la testimonianza personale di un’anziana signora, nonna di un mio amico, che una sera del marzo 1932, alle 2.00 di notte circa incappò nell’Omo Vespa, mentre, stanca dal lavoro rientrava nella sua abitazione, sita in piazza Barbacan. Essa mi raccontò (nel 2001) che per un soffio non riuscì a pungerla con quel punteruolo aguzzo che sbucava dal nero mantello in cui l’omo vespa era avvolto, confondendosi con l’oscurità. L’omo vespa le sbucò davanti, all’improvviso, dall’Androna degli Orti, ed iniziò a rincorrerla brevemente fino a che quest’ultima, per l’appunto, riuscì miracolosamente a sfuggire al suo punteruolo solo per un pelo, entrando subito in casa sua e sbarrando istantaneamente il portone del suo palazzo! Altre testimonianze le avevo già raccolte da altre signore sull’ottantina, sempre attorno ai primi anni 2000.

 Per concludere, riporto qui il testo, in dialetto triestino (e poco più sotto, la traduzione in italiano, per i francesi, gli spagnoli, gli occitani, ecc... ), della nota canzonetta "L'Omo Vespa":


L’OMO VESPA

De San Giacomo a Roian
iera un vecio fiol de un can
che sponzeva le culate
drioman
Guarda la mula la camina… dura!
la ga paura
dela puntura!
Guarda la mula la camina… lesta!
la ga paura
del’omo vespa!
E le mule ga trovà
un rimedio soprafin:
drio el cul le se ga messo
un lamierin!
Guarda la mula la camina… dura!
la ga paura
dela puntura!
Guarda la mula la camina… lesta!
la ga paura
del’omo vespa!
****************************************
Traduzione:
Da San Giacomo a Roiano
c’era un briccone impertinente
che pungeva i posteriori
rapido ed impunito
Guarda la ragazza che cammina… dura!
Perché ha paura
della puntura!
Guarda la ragazza che cammina… lesta!
perché ha paura
dell’uomo vespa!
Ma le ragazze hanno escogitato
un rimedio raffinato:
negli slip hanno infilato
un lamierino!
Guarda la ragazza che cammina… dura!
Perché ha paura
della puntura!
Guarda la ragazza che cammina… lesta!
perché ha paura
dell’uomo vespa!


 Aggiungo un videoslide della celebre versione di Lorenzo Pilat (che la inserì nel suo terzo Lp folkoristico, intitolato "Io, Trieste"), che in versione rock-folk, ripropose con immediato successo, alla fine degli anni '70, il pezzo sul maniaco col punteruolo. Un videoslide composto dai miei pupoli, tra cui lo stesso Omo Vespa, che, come visto anche nelle vignette qui sopra, s'ispira graficamente proprio a Pilat!




 UPDATE: Le fonti dalle quali ho tratto la storia dell'Omo Vespa, sono le uniche fonti alle quali attualmente si può attingere per ricostruire il tutto, ovvero gli articoli di giornali dell'epoca ("Il Piccolo", "Il Piccolo - edizione della sera", e il giornalino satirico "Marameo" di Carlo De Dolcetti), trovati nel 2001 presso l'archivio della Biblioteca Civica di Trieste, allorquando mi accingevo a disegnare il mio fumetto in tema, assolutamente amatoriale e in bianco e nero (poche copie per gli amici, dalle quali ho poi tratto qualche vignetta riportata in questo post), e per forza di cose mi servivano delle fonti documentative nonostante la allora natura goliardica ed amatoriale del fumetto stesso. Anche in qualche articolo più recente (anni 2000), sempre tratto da "Il Piccolo", ho trovato altri articoli dedicati a questa vicenda (articoli comunque in gran parte riconducibili agli articoli originali del lontano 1932).
Inoltre, negli archivi online di vari quotidiani italiani -in particolare in quelli de "La Stampa" e "Il Corriere della Sera" risalenti ai mesi di marzo e aprile del 1932- si possono trovare ulteriori cronache sull'Omo Vespa, siccome tale fatto, proprio per la sua particolarità, ebbe a quei tempi un notevole eco anche a livello nazionale.

Alla prossima, bondì muleria mata!


   René

9 commenti:

elcicala@libero.it ha detto...

ma scusa la version che Cavedali ga da in punto de morte?Che l'omo vespa iera una sua invenzion?E che lo ga fato sparir,come lo gaveva inventà?Cussì sembra....e che naturalmente se ghaveva creado dei veri e propri emuli che sponzeva per vero,e done veramente sponte,per questo lui diseva che gà fatop smeter l'attività a sto famoso "omo vespa"

René ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
René ha detto...

P.s.: Se non la riva a verzer el link, la fazi copia e incola del stesso in tel la barra degli indirizi, overo la stringa in alto delo schermo del pc.

sc ha detto...

Ma che storia curiosa! Grazie per questa scoperta!

René ha detto...

Per anni, efetivamente, l'Omo Vespa se ga confuso con la legenda... un po' per el mistero e un po' per i tanti anni passadi, ma testimonianze de persone vignude a contato con lu ghe ne iera fin a un diese e più anni fa... mi stesso ne gavevo racolte alcune, quando preparavo el fumeto citado nel'articolo (e che prima o poi, riverò publicar per intier, spero).

Tergestinus ha detto...

Bello il disegno ambientato in via (non androna) Aldraga, ma contiene un anacronismo. La pubblicità "Dubonnet" non è autentica, è un falso realizzato nell'estate del 1980 per le riprese di un film (non ho mai scoperto quale) ambientato a Marsiglia. Nella stessa occasione furono dipinte le insegne "Poissonnerie" (di cui si parla nella pagina sulla canzone "Mejo un bicer de dalmato") e "Hotel Mistral" sugli edifici di Via Capitelli rispettivamente nn. 13 e 28, "Hotel Mistral. Livraisons" su quello di piazza Trauner 6 e "Légumes" su quello di via del Sale 8. Le scritte relative all'Hotel Mistral e anche la parola "Dubonnet" nel dipinto di via Aldraga furono poi cancellate nella primavera 1987 quando in zona furono fatte alcune riprese dello sceneggiato RAI "Appuntamento a Trieste" (lo spezzone è visibile su Youtube).

Tergestinus ha detto...

Correggo: era l'estate del 1981. Qui l'articolo del Piccolo di giovedì 20 agosto 1981:
http://imageshack.com/a/img924/4215/IdYrjd.jpg

René ha detto...

Tergestinus, GRAZIE INFINITE!!! Anche perché era da tempo che cercavo titolo e anno del film con le famose scritte. Colgo l'occasione per scusarmi del falso storico, ma ero convinto che il Dubonnet fosse realmente un'insegna pubblicitaria anni '30, totalmente slegata dal film del 1981.
Un caro saluto, e ancora grazie per le dritte e l'articolo.

Stefano Di Brazzano ha detto...

Mi fa piacere esserLe stato utile. Io lessi l'articolo del Piccolo il giorno in cui comparve, avevo 10 anni e mi colpì la pubblicità del Dubonnet perché ero stato a Parigi due mesi prima e quel nome lo avevo letto diverse volte nelle gallerie della metropolitana. Non ci pensai più finché, adolescente, non cominciai a girare da solo per città vecchia scoprendo le famose scritte. Poi le scritte scomparvero, o perché cancellate per l'altro film, o perché le case furono restaurate, e di nuovo lasciai perdere la cosa. Ora però, visto per caso il Suo disegno, ho deciso di andare a fondo. Ricordavo la foto e il titolo dell'articolo, il mese di agosto e la posizione dell'articolo nella pagina, l'unico dubbio era tra 1980 e 1981 (ma in realtà era un dubbio infondato, perché io a Parigi ci andai nel 1981, vedere la pubblicità in fotografia l'anno prima non mi avrebbe colpito per nulla). Così stamattina ho consultato entrambe le annate del Piccolo e l'articolo è saltato fuori. Nel pomeriggio ho trovato anche il film. La parte triestina è l'ultimo quarto d'ora. Abbastanza assurdo perché comincia con una panoramica sulla sacchetta, e quindi Trieste è riconoscibilissima. Le insegne si vedono tutte, alcune solo di sfuggita, tanto che non si capisce perché abbiano perso tempo e danaro per farle (forse comparivano di più in scene che sono state scartate in sede di montaggio). Si vedono l'arco di Riccardo, s. Maria Maggiore e s. Silvestro; il convento dei francescani a fianco di s. Maria Maggiore diventa il consolato statunitense. Tra la piazza Trauner e via Capitelli c'è una scena di fuga che è esattamente l'inverso rispetto a quella fatta 6 anni dopo per "Appuntamento a Trieste". Bizzarra coincidenza.

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