mercoledì 25 febbraio 2015

MICOL BRUSAFERRO in: SELFIE CON ROCCO GATTO



Bondi’, mularia mata

Un altro dei miei fugaci passaggi a scopo “pupolo mordi e fiuggi”.
Pupolo dedicato a una simpatica giornalista, micol brusaferro, e al suo gatto... (?!!)







p.s.: noi comunque ci ribecchiamo presto, per un altro post a tema trieste “patoca”.

Quindi, alla prossima!!


     Rene’



giovedì 19 febbraio 2015

FINANZIERE - LORENZO PILAT E I VALICHI DI CONFINE ITALIA-JUGOSLAVIA








Bondì, mularia mata

Oggi parliamo di “FINANZIERE” (o anche “EL FINANZIER”), che è forse la canzone folkloristica più famosa di Lorenzo Pilat, composta assieme a Mariano Tassan ed i fratelli Toni e Franco Damiani, nell'ormai lontano 1978.




P.s.: per raccontare al meglio questo post, con i miei oramai consueti pupoli (disegni) illustrerò alcuni passaggi del testo della canzone. I pupoli sono in stile “Disneyan-patoco”, cioè una parodia dei personaggi Disney, triestinizzati per l’occasione.
Come sempre, per visualizzare meglio i pupoli basta cliccarci sopra!




Dunque, FINANZIERE. Canzone entrata sin da subito nel folklore tipico triestino, poiché è un’ultimissima e praticamente fotografica testimonianza sulle sette note, di un modus vivendi ormai scomparso.



El finanzier descritto dalla canzone, lo si poteva incontrare nei piccoli valichi di confine tra Italia ed ex Jugoslavia posti alle periferie triestine (venivano comunemente denominati come “valichi di II° categoria”), come pure in quelli più grandi (“valichi di I° categoria”).
Nel nostro caso, si parla del valico di II° categoria di Caresana (Trieste).



Oltre al finanziere, vi sono gli altri protagonisti di questo celeberrimo brano; Vinicio Busani, il pensionato benestante alla guida di una Fiat 1100 nera (fino agli anni ’60-’70, un’auto ‘ssai elegante). Poi, a bordo della stessa auto, troviamo anche la mama della voce narrante della canzone, e siora Teresa, quest'ultima una conoscente degli altri due.


 
Agli automobilisti di ritorno a Trieste, il finanziere, posto di guardia al casello con la sbarra, poneva quasi sempre la classicissima domanda: “qualcosa da dichiarare?”.. L’automobilista rispondeva “no, niente”, esibendo il proprio lasciapassare la famosa
Propusniza, la quale veniva poi controllata e timbrata dagli addetti alla dogana.



Fino ad una ventina d'anni fa, quando c'era ancora la cosiddetta cortina di ferro, era d'uso per i triestini andare a far la spesa spicciola oltreconfine, comprare le sigarette e/o
andar a far benzina in Jugo”.


Ogni tanto (spesso e volentieri) capitava il triestino che tentava de passarla lissa, portando merce di contrabbando ben nascosta nel bagagliaio o in vari vani della propria automobile. Tale merce era soprattutto composta da carne e alimenti vari di buona fattura, talvolta nascosti persino dentro i vestiti delle mogli o delle suocere (perché si pensava sempre: “mica andranno a controllare proprio lì).


 

In casi più rari, la merce contrabbandata era anche più pesantina; difatti, la canzone ci dice che Vinicio Busani, il pensionato benestante, viene scoperto mentre tenta di nascondere della marijuana, assieme alla carne e a tutto il resto (anche se a dire il vero, tale passaggio venne messo nel brano più a scopo goliardico).




Il tutto, ovviamente, si conclude con la notizia dell’arresto del pensionato che, nel frattempo, a causa di uno svenimento dovuto al panico della situazione, viene pure ricoverato all’ospedale. 




Il posto di blocco del confine, dicevo, tra Italia e la ex Jugoslavia (oggi Slovenia)...


 



Un'antica barriera, oggi non più esistente e resa eterna, oltre che dai ricordi di chi c'era, da questa mitica canzone (cantata da tutte le generazioni di triestini in occasione di feste conviviali, di sagre o di uscite in osmiza). Canzone mitica e sempreverde, divenuta uno dei cavalli di battaglia del cantautore triestino più amato da sempre, che ha saputo fissare molti storici momenti della sua/nostra città in una bella cartolina. Un mito cittadino egli stesso: Lorenzo Pilat!


Anche la figura stessa del finanziere, in tale canzone viene filtrata attraverso una luce assolutamente buona e simpatica, che esula da quell'immagine severa ed impassibile data da questa professione.
(Nella foto sottostante, due guardie confinarie poste ad uno dei valichi di frontiera. Foto risalente agli anni ’50, e proveniente dal sito www.poliziadistato.it):



 Qui sotto, il testo di FINANZIERE tratto dalla copertina interna del 45 giri omonimo del 1978 (il lato B è la bellissima GIOVEDI’ ):




Qui sotto, invece, trovate i semplicissimi accordi e le note per chitarra, trascritti a mano dallo stesso Pilat:




Qui, invece, lo spartito professionale dato agli autori del brano:






Ovviamente non può mancare il video slide audio della canzone FINANZIERE, qui proposta in versione originale:



Ma posto pure una recente versione live, tratta dall’ormai tradizionale sagra di Campanelle (che no xe Costalunga):



Qui, invece, la versione dell'altro autore, Toni Damiani:



Alla prossima!!!!

       René

martedì 10 febbraio 2015

LA BORA DE TRIESTE



Bondì, mularia mata…

Un mio pupolo ispirato alle note cartoline triestine sulla “Bora”, questo nostro vento impetuoso di nord-est, che noi amiamo tanto…

… ecco, per l’appunto, il motivo per il quale ai triestini (soprattutto a noi maschietti) piace la bora… ehm…. Voio dir…



Alla prossima, e bona bora a tute e a tuti !!!! =)

    René

domenica 25 gennaio 2015

EL PLUZER - ANTICO E PRATICISSIMO RIMEDIO CONTRO IL FREDDO DI TRIESTE !!!



Bondì a tute e a tuti, triestine e triestini, oriundi e lunari, marziani, venusiani, coloncoveziani, ecc...

Go scuminzia’ in triestin, ala stessa maniera de come gavevo scuminzia’ na vecia rubrica.

Rubrica de cossa? Del telefono?

Ma no!, Rubrica dedicada a Trieste, ale sue curiosità, monade, e chi più ga più ne meti...

El titolo dela rubrica iera "Cronache dal mezanin", e la xe stada ospitada sule pagine del quotidian online “triesteprima” de lorenzo giorgi (che ringrazio).

Dopo tanti fora tema (esercitazioni mie de disegno/pupoli vari), desso xe riva’ el momento de tornar a ciacolar dele nostre bele tradizioni triestine… de ieri, de ogi e de sempre!
E per l’ocasion, per l’apunto, pe’ na volta scrivo tuto el testo in dialeto (se a qualcuno non di trieste puo’ interessare questo articolo, lo scriva pure nei commenti; sara’ mia cura provvedere subito a realizzarne una versione in italiano).

Dunque, ogi ve ofro un picio ricordo dei nostri veci... un ricordo de tanti inverni 'ssai duri (no xe più le bore de na volta!).
Fin ai anni '60 (ma in certe case adiritura fin ai '80), co' vigniva 'ssai fredo e bora, i nostri veci doprava el "pluzer".

El pluzer iera na butilieta de teracota (o anca ceramica, opur fero smalta') ripiena de acqua 'ssai calda.
Gaveva un manigo a rincela, opur retangolar, e oviamente un tapo per serar la butilieta.

Po sto pluzer vigniva conza’ soto le coverte del leto, perché na volta -"co' ierimo putei"- el riscaldamento autonomo ‘l iera un sogno... e se no se gaveva spargher o stùa granda in maiolica, se se doveva rangiarse in qualche modo. altrimenti, con tuta la zima che iera in alora, se ris’ciava de ciapar malani, anca rognoseti, tipo broncopolmoniti.
Cussì i ga inventado, 'ssai anni fa, sto metodo che ‘l ga la stessa origine tedesca del termine ("Pluzzer", termine dialetal gnoco che 'l significava, originariamente, "zucca").

El pluzer se lo dopra anca per definir un teston (“te ga na testa granda... te ga un bel pluzer”, insoma dele some dei somari dela Somalia), ma el termine ormai el vien poco doprà... perlomen desso, in sti tempi moderni in cui Citavecia la ritorna a fiorir (e cussì gavemo citado anca el sempreverde Angelo Cecchelin)…

Desso xe cambiado, sti rimedi più no esisti... desso esisti le borse del'acqua calda per scaldar i leti.
Opur diretamente el calorifero, e po bon !

Ma el pluzer resta sempre un caro ricordo, tuto triestin !!!

Qui soto ve ofro un mio pupoleto... un pupoleto un poco vecio (el xe del 2013, ma 'l xe sempre bon, el xe tre volte bon... e nianca a la domenica l'onzi co' 'l baston!!).
pupoleto che ‘l ve mostra, più o men, na scena tipica de quei anni in cui, nei inverni veramente iazadi, iera ‘ssai comun doprar el pluzer. (come ormai ben save’, per visuali zar in grande el pupolo basta fracarghe de sora… tipo “fraca boton, salta macaco”, ala vecia… :D  )




Un saludo, ala prossima

   René