venerdì 9 marzo 2018

IL TITANIC A TRIESTE: STORIA DELL'UFFICIO TRIESTINO DELLA “WHITE STAR LINE”



NOTA: preciso che tale post è qui
pubblicato solo a scopo divulgativo,
per far conoscere una significativa ma 
purtroppo quasi dimenticata pagina 
di storia triestina.




















"La prima classe costa mille lire, la seconda cento
La terza dolore e spavento
E puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto
Sior Capitano mi stia a sentire
Ho belle e pronte le mille lire
In prima classe voglio viaggiare su questo splendido mare"


"TITANIC", testo e musica di Francesco De Gregori





Fino a non molto tempo fa, chi passava 
dalle parti del Magazzino n. 42 della 
Stazione Marittima (in fondo al molo 
Bersaglieri) poteva notare una scritta 
impressa sul muro: WHITE STAR LINE.






Chi la notava, non ci faceva caso, o al 
massimo la correlava alla nota 
compagnia armatrice del Titanic. Ma 
senza ulteriori pensieri, congetture o 
chissà cosa.


E invece... e invece quella scritta, ormai 
persa dopo i recenti lavori che hanno 
modificato la struttura di quei 
magazzini, si trovava lì per un preciso 
motivo. Difatti, la celebre compagnia 
armatrice, nei primi anni dieci del '900 
aveva aperto proprio in quel punto uno 
dei suoi prestigiosi uffici. Uno dei tanti 
dislocati un po' in tutta Europa, 
seguendo una linea architettonica 
standard degli interni. Questi ultimi 
ricalcavano lo stesso design dei lussuosi 
interni delle navi della compagnia, come 
la Britannic, l'Olympic e, per l'appunto, 
il Titanic.


Nel mio pupolo-fumetto sottostante -
ripreso già in apertura del post- un 
quadretto vintage rappresentante il 
Titanic in viaggio lungo l'Oceano 
Atlantico:







Il RMS Titanic fu un transatlantico 
britannico della classe Olympic, e, come 
già scritto, oggi viene ricordato 
soprattutto per la collisione con un 
iceberg nella notte tra il 14 e il 15 
aprile 1912 ed il conseguente 
drammatico naufragio avvenuto nelle 
prime ore del 15 aprile.

Secondo di un trio di transatlantici, il 
Titanic, assieme ai suoi gemelli Olympic 
e Britannic, fu progettato per offrire un 
collegamento settimanale di linea con 
l'America e garantire il dominio delle 
rotte oceaniche alla White Star Line. 
Costruito presso i cantieri Harland and 
Wolff di Belfast (Irlanda), il Titanic 
rappresentava la massima espressione 
della tecnologia navale del tempo ed era 
il più grande e lussuoso transatlantico 
del mondo.




Durante il suo viaggio inaugurale (da 
Southampton a New York, via 
Cherbourg 
e Queenstown), entrò in collisione con 
un iceberg alle 23:40 (ora della nave) di 
domenica 14 aprile 1912. L'impatto con 
l'iceberg provocò l'apertura di alcune 
falle sotto la linea di galleggiamento 
allagando i primi 5 compartimenti 
stagni del transatlantico, che 2 ore e 40 
minuti più tardi si inabissò (alle 2:20 del 
15 aprile) spezzandosi in due tronconi.



Nel naufragio persero la vita ben 1.518 
dei 2.223 passeggeri imbarcati, 
compresi i 900 uomini dell'equipaggio; 
solo 705 persone riuscirono a salvarsi 
(alcuni dei quali morirono subito dopo 
essere portati a bordo del Carpathia, 
nave gemella della compagnia Cunard 
Line, che faceva regolarmente scalo a 
Trieste mediante la rotta New York-
Fiume), 6 delle quali salvate fra la gente 
finita in acqua. L'evento suscitò 
un'enorme impressione sull'opinione 
pubblica e portò alla convocazione della 
prima conferenza sulla sicurezza della 
vita umana in mare.



Grazie al Gent. imo Sig. Alessandro 
Artico (che ringrazio sentitamente per 
la collaborazione, gli spunti e vario 
materiale storico gentilmente 
concessomi),
appassionato e modellista, che scoprì 
quasi per caso le notizie relative a 
quest'ufficio (durante alcune sue 
ricerche effettuate con l'aiuto di alcuni 
massimi esperti del Titanic, ovvero 
Clifford Ismay, Howard Nelson e Nigel 
Irvine), adesso sappiamo per certo che 
pure Trieste -allora facente parte 
dell'Impero Austro-Ungarico- fu, nel suo 
ruolo di importante capitale europea dei 
commerci, un significativo tassello nella 
storia del transatlantico più famoso (e 
sfortunato) del mondo.


Qui sotto, un mio pupolo-fumetto 
raffigurante l'ufficio. Tale pupolo l'ho 
ricavato direttamente dal modellino 
costruito dallo stesso Sig. Artico 
(cliccare sul pupolo per visualizzarlo in 
grande):







Nello specifico, tale locale era un ufficio 
di rappresentanza con annessa 
biglietteria. Da questa biglietteria 
furono acquistati pure dei biglietti per il 
Titanic.







L'ufficio e biglietteria sono riportati 
sulla guida Bradshaw sino 
all'edizione del 1913, dopo il quale 
(1914) tutta l'Europa ed il Mondo 
furono sconvolti dalla esplosione 
della prima guerra mondiale .
Per la precisione: Guida Railways 
Bradshaw Guide 1913 , e poi il testo 
TITANIC di John P.
Eaton e Charles A. Haas




Qui sotto il modellino in scala 
dell'ufficio triestino della White Star 
Line, costruito dal Sig. Artico:







Qui di seguito, la descrizione dell'ufficio 
data dal Sig. Artico: «La biglietteria era 
un locale di piccole dimensioni, ma 
molto elegante e di grande fascino, con 
un arredamento, fra l'altro, standard 
per tutte le sedi della società che, va 
ricordato, nel momento di massimo 
splendore era così diffusa che poteva 
disporre di una fitta rete di uffici e 
agenzie dislocate ovunque, sia nei 
territori dell'impero britannico che in 
Paesi esterni al controllo 
della corona».





Sono state trovate anche delle liste 
con nomi dei passeggeri che 
acquistarono 
uno o più biglietti allo scalo giuliano, 
per poi imbarcarsi sul Titanic 
direttamente allo scalo francese di 
Cherbourg (seconda fermata del 
Titanic).


Si apprendono, così, i nomi di 
Sebastiano De Carlo, 29 anni, originario 
della provincia di Lucca, imbarcato a 
Cherbourg in seconda classe assieme 
alla moglie Argene Genovesi, di 24 anni. 
Successivamente il De Carlo perì nel 
naufragio, mentre lei fu tratta in salvo.
Poi abbiamo i sei componenti della 
famiglia Cacic, provenienti dalla 
Croazia. Sempre dalla Croazia, e 
precisamente da Zrinska Kula, i fratelli 
Ivan, Bartol e Ludovic Cor, che si 
imbarcarono a Southampton.

Branko Dakic, registrato come 
austriaco, 
e Franz e Manca Karun, rispettivamente 
di 39 e 4 anni, provenienti dalla 
Carniola, in Slovenia, e Francesco 
Celotti, di 24 anni, imbarcato in terza 
classe.


Tutti passeggeri di quel viaggio 
inaugurale che, per molti di loro, 
terminò in maniera tragica.


«Ancora oggi -racconta il Sig. Artico- è 
molto difficile avere una lista completa 
precisa dei passeggeri del Titanic, 
anche perché la maggior parte delle 
fonti li registra come "british" e "non-
british", inglese e non-inglese. 
Così, per esempio, furono registrati 
molti siriani 
che però avevano la residenza in 
Libano, e molti austriaci che avevano 
la residenza in Croazia»


Dell'ufficio poco altro si sa. 
Probabilmente funzionò sino a metà 
degli anni '30, allorquando la 
compagnia 
White Star Line si ritrovò in crisi e 
dovette fondersi con la rivale 
compagnia 
britannica "Cunard Line", la quale optò 
per un ridimensionamento delle sue 
nuove proprietà (acquisite 
definitivamente nel 1947).


Questo post, in fondo, oltre a ricordare 
quest'ufficio perduto nell'oblio del 
tempo, vuol essere un ricordo di quelle 
persone citate poc'anzi che, assieme ad 
altre mille e più persone, perirono nel 
naufragio del 1912.




Come scritto in apertura di post, la 
scritta "White Star Line" impressa sul 
muro del Mag. 42 della Stazione 
Marittima, fu l'ultima testimonianza di 
questa storia. Dopo il rinnovo di 
quell'area, quindi, ricordiamo qui quel 
pezzettino di storia altrimenti 
sconosciuto ai più e destinato all'oblio 
del tempo.


Ancora un sentito ringraziamento al 
Gent.mo Sig. Alessandro Artico, per la 
consulenza e per il materiale fornitomi.


Un saluto, alla prossima.




René



mercoledì 14 febbraio 2018

PLAISIR D'AMOUR IN TRIESTE (BUON SAN VALENTINO)



Buondì, mularia mata.

Un veloce passaggio per festeggiare una bella festa, ovvero San Valentino!! 
Lo faccio con due pupoli fumetti (uno colorato ed uno in bianco e nero); il primo è un omaggio "paperesco" ad Adriano Celentano, mito della musica che da poco ha compiuto 80 anni. Siccome adoro la sua "24.000 baci" (1961), ho ben pensato di ispirarmi a tale brano per realizzare il primo disegno-pupolo di San Valentino (ovviamente ambientato a Trieste).



Il secondo, anch'esso dedicato a questo giorno particolare, è un pupolo vintaggioso, molto anni '70 (direi hippie), con due ragazzi innamorati accanto alla loro macchina (una fiammante Fiat 124 Sport Coupé; un'auto che sa di vernice, di donne e di velocità... ) mentre, uno vicino all'altra, osservano uno splendido tramonto sul mare.



E per finire in bellezza, ovviamente, ecco un bel brano in tema... la sempre splendida "Love me Tender" di Elvis, qui in versione dal vivo al Comeback '68:



Auguri agli innamorati e pure ai single. 
Noialtri ci vedremo presto.


    René

venerdì 19 gennaio 2018

ELISA "PETITE FLEUR" SCOPRE IL REGNO DI AGARTHI !



Buondì, mularia mata.

Concedetemi solo un altro veloce post personale fuori tema, prima di ricominciare con i post espressamente dedicati a Trieste.

Oggi è il 19 gennaio, e siccome vent'anni fa esatti conobbi Elisa (detta "Petite Fleur"), la ragazza con la quale creai nell'estate del 1999 il fumetto "L'Amore dopo la Tempesta" (del quale ve ne parlai qualche mese fa, remember?), ci tenevo a ricordare questa data, pubblicando due pupoli ideati nel lontano 2004 per un fumetto che, purtroppo, non vide mai la luce. Fumetto che aveva per protagonista proprio Elisa.

Il fumetto era ambientato prevalentemente in Tibet, dove Elisa, in veste di esploratrice, scopriva il mitico regno di Agarthi.

Come detto, tale fumetto non riuscii ad esser completato (anche allora il problema era il tempo che manca), però ho voluto salvare due vignette, ridisegnandole in questi mesi (che quelle originali, dirò la verità, mi erano venute malissimo).

La prima immagine era stata pensata inizialmente come retrocopertina del fumetto, mentre la seconda immagine è una vignetta del fumetto stesso (il momento nel quale Elisa scopre Agarthi).

Elisa, se mi leggi o mi leggerai, ti mando un salutone.



     
  

        René

lunedì 15 gennaio 2018

I MIEI PRIMI 40 ANNI TRIESTINI !!!


Bondì, mularia mata...

Permettetemi un post personale: oggi compio 40 anni !!!

E per l'occasione proprio ieri sera ho voluto abbozzare un pupolo fumetto/illustrazione dedicato alla mia/nostra carissima Trieste. In particolare, al Campanon di San Giusto.

'Ndando 'vanti sempre co' la stessa passion, Viva là e po bon! (Y)


     René



lunedì 8 gennaio 2018

BUON COMPLEANNO ELVIS ! Dal 1935 al 2018 il ricordo vive.



Bondì, mularia mata.

Solo un velocissimo e breve passaggio poiché non posso assolutamente dimenticare di fare gli auguri, oggi 8 gennaio, ad Elvis Presley!

AUGURI SINCERI, KING OF MUSIC.




ET MAINTENANT di Gilbert Becaud, versione elvisiana (live 1973): 



         René

mercoledì 6 dicembre 2017

AUGURI DI SAN NICOLO' A TRIESTE, CON TOPOLINO, PAPERINO, PIPPO E PLUTO


Buondì. Rieccomi qui dopo un mucchio di tempo. 
Purtroppo è proprio il mio tempo a mancare, e così aggiorno il blog ogni morte di Papi (quello della tivvvvvù).
Questo post è un post veloce veloce da leccarsi i maglioni, proprio per la mancanza di tempo, ma ci tenevo ad augurare a tutti Voi, Triestine e Triestini, un Buon San Nicolò!!!
Lo faccio postando un pupolo in stile "Disneyan-Patoco", presentato sia in versione seppia sia nella versione originale, ovvero quella a colori. Come al solito, scegliete voi la versione che gradite di più.
Pupolo augurale -ispirato a "Chi sarà la mia stela (Buonanotte Buon Natale)", una bella canzone natalizia dialettale di Lorenzo Pilat- ambientato nella cittavecchia di trent'anni fa; quest'ambientazione vintage perché mi ricorda di quand'ero bambino, e proprio in questo periodo, nel 1987, mi recavo spesso assieme a mio padre alla stramitica libreria-fumetteria "Nonsololibri" di Dario e Mariuccia Fontana, proprio per comprare le strenne natalizie by Disney, e ovviamente per partecipare all'annuale bicchierata festosa che si teneva in quel periodo proprio lì, al sabato precedente al Natale (ovviamente non bevevo, che allora avevo solo 9 anni, e per me il massimo consentito in tal senso era solo il Nesquik!!! :D )

Ancora Tanti Cari Auguroni di Buone Feste a tutte le mule e a tutti i muloni!!

    René

P.s.: per visualizzare in grande il pupolo, clic sopra!









































Qui, invece, l'omonimo brano del m° Lorenzo Pilat; brano ispiratore di questo mio pupolo:


martedì 10 ottobre 2017

E ANCA EL TRAM DE OPCINA XE NATO DISGRAZIA’ – STORIA DELL’INCIDENTE DEL 1902

Bondì, mularia mata...

Un mio post pieno di miei pupoli - fumetti e materiale vario dedicato alla storia del famoso incidente del Tran de Opcina. Un deragliamento dal quale nacque poi la famosa canzonetta folkloristica.




E ANCA EL TRAM DE OPCINA XE NATO DISGRAZIA’ STORIA DELL’INCIDENTE DEL 1902

 Trieste, venerdì 10 ottobre 1902, ore 8.00 del mattino.
In piazza della Caserma (l’odierna piazza Oberdan) s’attende invano l’arrivo del tram di Opicina, inaugurato solo da un mese. La gente, esterrefatta, parla di una notizia giunta da poco alle loro orecchie tramite alcuni abitanti di Scorcola scesi a valle: pare che il tram sia deragliato a monte, e ci sarebbero pure dei feriti.
Le “ciacole” volano di bocca in bocca;
-    “La ga sentì, Siora Ilde? El tram el xe ‘ndà fora da le sine, e po par che ‘l se gabì struzà contro na casa. I disi anca che ghe saria dei feriti e adiritura dei morti, santo ciel!”

In piazzetta Scorcola, alcune persone guardano verso l’alto, cercando di scorgere qualcosa (nel 1902 c’erano poche case e molti terreni, e la vista era libera fino all’altezza del colle di Romagna).
Poco dopo, la Società Anonima delle Piccole Ferrovie di Trieste che gestisce la linea Trieste-Opcina, dirama il seguente comunicato:




Questa mattina alle ore 7 e 3 minuti, il vagone motore n. 2 deragliò in discesa presso la stazione di Scorcola al chilometro 1.5 dando di cozzo all’angolo della casa colà situata. Un operaio addetto alla linea rimase ferito. La ripresa dell’esercizio avverrà appena la Commissione dell’Ispettorato generale delle Ferrovie avrà ultimato i suoi rilievi.

Società Anonima delle Piccole Ferrovie di Trieste

In città non si parla d’altro, e i primi giornali iniziano a render conto alla gente dell’accaduto. Come “Il Piccolo della Sera”, ma anche “L’Indipendente”, il “Triester Zeitung”, “L’Adria” e “L’Osservatore Triestino” (considerazione assolutamente personale: bei tempi quando non c’era il monopolio di una sola testata).



Ovviamente tutti questi giornali contengono versioni dell’accaduto che differiscono in alcuni particolari, ma di fatto tutti concordano sull’incidente.
“L’Osservatore Triestino” in un’edizione straordinaria serale scrive: “Questamane alle 7, in seguito al mancato riempimento dell’apposito recipiente con sabbia in un carrozzone della nuova linea Trieste-Opcina, questo poco dopo la fermata di via Romagna, non obbedendo al freno, scese precipitosamente, uscì dalle rotaie ed andò a cozzare contro la casetta Spechar danneggiandola sensibilmente. Il carrozzone si sfasciò completamente arrecando alla Società un danno di circa 25.000 corone. Sul carrozzone si trovavano il frenatore Anton Sossich, il fattorino Valentin Schnabl, ed i lavoratori Rudolf Simonich e Francesco Orel. Questi vista l’imminenza del pericolo saltarono a terra; il Sossich riportò la frattura alla clavicola ed escoriazioni in varie parti del corpo e fu trasportato all’Ospedale; il Simonich rimase ferito leggermente e fu curato dalla Guardia medica; gli altri rimasero illesi. I primi rilievi furono assolti dal consigliere di polizia sig. commissario Frenner e quindi si recò sopra luogo la Commissione giudiziaria. Il movimento sulla linea è sospeso sino all’esaurimento dei rilievi stessi.”



La casetta Spechar -allora di proprietà di Francesco Spechar, e in parte affittata al gioielliere Natale Napoleone e gentile Signora- esiste tuttora! Recentemente è stata pure restaurata, recuperando un aspetto rurale che le si confà pienamente.

“Vignindo zo’ de Scorcola na casa ga ribaltà”

Come spiegato dall’Osservatore Triestino, venne istituita una Commissione d’inchiesta giunta apposta da Vienna, e presieduta dall’Ispettorato Generale delle Ferrovie e dalla Polizia. 



L’I.R. Ispettore di Polizia Pertot, giunto intorno alle 8.30 sul luogo dell’accaduto, ovvero la curva di Romagna all’altezza della casetta Spechar (tuttora esistente e restaurata), riporta la seguente descrizione:

“Sul tratto dentato della ferrovia per Opicina, sopra la stazione di Romagna, dove si trova la rimessa della suddetta ferrovia, stava un carrozzone deragliato. Tetto, porte e ogni altra parte in legno erano completamente ridotte in frantumi, mentre il restante macchinario di metallo era, ove parzialmente, ove completamente schiacciato e contorto. Sulla parte sinistra del carrozzone, davanti ad esso, stava sgretolato il muro posteriore di una casa di campagna appartenente a Francesco Spechar, contrassegnata col numero 357 di Scorcola, cosicché si potevano vedere i mobili della stanza da letto posta al primo (ed unico) piano. Alcuni passi più su era un palo in legno della conduttura elettrica aerea spezzato all’altezza di circa cm. 70 da terra e la parte troncata era a terra, rivolta verso la suddetta casetta. 




Il frenatore del carrozzone Rudolf Simonich, fu Rudolf, 26 anni, di Tscherhembel, Carniola, celibe, residente ad Opicina al numero 194 ed il conduttore stesso, Valentin Schnabl, di Gregor, 32 anni, di Hohenthurm, distretto di Leibnitz, Stiria, celibe, residente ad Opicina al num. 209 hanno fornito la seguente spiegazione dell’accaduto: alle 6.42 partivano da Opicina con il carrozzone che porta il num. 2; era il secondo carrozzone che aveva lasciato Opicina quel giorno; i freni, sia quello automatico sia quello manuale erano in perfetto ordine alla partenza e funzionavano come prescritto durante il percorso. 




Nel carrozzone, oltre a loro, si trovavano già da Opicina, l’operaio Sossich Anton, di Anton, 24 anni, nato e residente ad Opicina al num. 291 e l’operaio Oren Francesco, di Giovanni, residente a Conconello, salito sul tratto tra Banne e Conconello.
Il carrozzone compì il tratto tra Opicina e la fermata di Cologna senza impedimenti e poi si fermò per consentire all’Ispettore superiore di Finanza, Josef Rom, di effettuare il controllo previsto.
Quindi il carrozzone si rimise in moto; dopo alcuni metri si agì come prescritto sia con il freno a mano sia con quello manuale. Il carrozzone però cominciò a slittare sul binario umido di rugiada e scivoloso, e continuò a slittare anche se il frenatore agiva sull’apparecchio meccanico per la distribuzione della sabbia. 




Sempre slittando, il carrozzone continuò la sua corsa con velocità crescente fino alla stazione di Scorcola, che ha una pendenza del 72 per 1000. 



Su questo tratto l’operaio Oren saltò dal carrozzone prevedendo ciò che poteva capitare e restò totalmente illeso. 




Il carrozzone superò, senza che il personale di servizio potesse fermarlo, il tratto di stazione di Scorcola e prima che giungesse il tratto dentato, che ha una pendenza del 25 per 1000, saltarono a terra anche lo Schnabl e il Simonich. 



L’operaio-frenatore Sossich rimase nel carrozzone, che compiva ad una velocità folle circa 200 metri prima di uscire dalle rotaie, dopo aver colpito un palo di legno della conduttura aerea. Lo spezzò in due e la punta colpì l’angolo della casa Spechar, demolendo il muro.




 L’operaio Sossich venne estratto ferito dai rottami. Se il carrozzone non fosse deragliato in quel punto, si sarebbe scontrato con un convoglio in salita, che sopraggiungeva. Sia il conduttore sia il frenatore affermano che entrambi i freni funzionavano e vennero azionati. In base alle risultanze finora emerse solo può essere imputato ai summenzionati che essi avevano lasciato sulla piattaforma posteriore anziché su quella anteriore, come prescritto, il recipiente della sabbia per poterla versare manualmente sui binari qualora non avesse funzionato il distributore automatico (cosa che d’altra parte non potevano constatare senza scendere dal carrozzone). All’insufficiente quantità di sabbia versata sul binario si riconduce la causa dell’incidente. Sul luogo si recò per i rilievi di legge la commissione giudiziale e la commissione del Magistrato civico che ha sospeso l’esercizio fino a nuovo avviso.”
Intorno a mezzogiorno giunge sul luogo dell’incidente la commissione del Magistrato civico composta dall’ingegner Turri e dal dottor. Jellersitz, i quali riguardo alla situazione della casetta Spechar colpita dal tram deragliato, scrissero: “Lo stabile n. 357 di Scorcola, di proprietà di Francesco Spechar, è in condizioni tali da richiedere la demolizione, ordinando prontamente il relativo sloggio e ciò anche perché oltre i danni producesti dalla catastrofe, essa si trova a distanza di 2 metri dal binario ed è costruita in modo contrario alle prescrizioni di legge.”
Insomma (delle somme dei somari della somalia), ‘sto povero Spechar el xe beco do’ volte!!!

Qui sotto, l'unica foto esistente dell'incidente:

 

Il giorno successivo, i giornali riportano i fatti con dovizia di particolari, anche se –come precedentemente scritto più sopra- le versioni differiscono tra di loro. Ecco qui sotto due riproduzioni di articoli di sabato 11 ottobre 1902:




“L’Osservatore Triestino” di Lunedì 13 ottobre 1902:




 Espletate le varie formalità e condotti tutti i rilievi di rito, il servizio riprese regolarmente il 13 ottobre.



Il processo, invece, durò abbastanza ma poi si concluse con l’assoluzione del frenatore Sossich.
Poche settimane dopo il famigerato incidente, sulla linea vennero adottate delle misure di sicurezza; venne costruito a Vetta Scorcola un apposito binario tronco con relativo scambio, allo scopo di deviare un eventuale tram fuori controllo impedendogli di raggiungere il tratto ripido a cremagliera. Vennero pure assunti tre nuovi cantonieri con il compito di spargere sabbia sui punti più pendenti della linea, nelle giornate di bora e pioggia. Su tutti i tram venne calettata una ruota dentata folle dotata di freno a nastro supplementare, al fine di aumentare la sicurezza di marcia in discesa. Infine, i tratti di binario tra Banne e Conconello, dove la pendenza supera il 70%, vennero armati con dentiera cremagliera di tipo Strub (la stessa della salita da Piazzetta Scorcola sino all’omonima vetta).
La storia dell’incidente finisce qui… ma anche no. Facciamo un salto in avanti nel tempo, giungendo sino all’anno 1976; nella casetta Spechar si stanno facendo dei lavori di ristrutturazione del pavimento. Ad un tratto, rimuovendo alcune vecchie pietre per fare posto ad un nuovo solaio isolato dalla terra nuda, al fine di ridurre l’umidità e di migliorare l’ambiente della casa, sotto un po’ di terriccio, proprio nel punto dove 74 anni prima avvenne l’incidente, salta fuori un vecchio pezzo di lamiera: è una targhetta gialla con sopra scritto: NON SPORGERSI!



Fra la sorpresa generale, appare subito chiaro che quella targhetta è un pezzo della motrice n. 2, rimasta dimenticata là sotto per oltre 70 anni !!!


Qui sotto, una foto del 1972 scattata nell'esatto punto del deragliamento; la casetta sulla sinistra è casetta Spechar, ovvero la casa ribaltada dal tran (foto Macovaz).


LA FAMOSA CANZONETTA

L’incidente del 1902 ispirò sin da subito nel popolo l’idea per una canzonetta, in parte parodia di un’altra canzone dialettale d’autore e in parte di una marcia asburgica.
La canzonetta d’autore dal quale si prese in gran parte spunto, era “Le cotole strete”, motivo di Ettore Generini e Giorgio Ballig scritta nel 1911 per un concorso di canzonette dialettali, ma successivamente scartata.
Qui una parte del testo:

“Xe tuti sforzi inutili,
te ga cossa sufiar,
le cotole ‘sto ano,
no ti te pol alzar;
Ti zerchi el lato debole,
fis’ciando in tuti i ton,
ma ti fa fiasco, còcola,
sbassà resta el tendon.”

Tale canzonetta venne poi meglio sviluppata musicalmente dal Maestro Franz Zitta, seguendo l’ispirazione popolare, e così nel luglio 1916, per le Edizioni Schmidl, nacque “La nova bora”, da tutti fin da subito rinominata “El Tran de Opcina”!

Il testo completo della canzonetta è lungo, e comunque non esaustivo poiché sempre il popolo negli anni v’aggiunse numerose altre strofette.
Comunque, ecco qui il testo lungo:

“E anca el Tran de Opcina
Xe nato disgrazià:
vignindo zo’ pe’ Scorcola
‘na casa el ga ribaltà.
Bona de Dio
Che iera giorno de lavor
E drento no ghe iera
Che ‘l povero frenador.

E come la bora che vien e che va
I disi che ‘l mondo se ga ribaltà. (ripetuta poi un’altra volta)

Co’ ‘l due se va a Servola,
co’ ‘l quatro in Arsenal,
co’ ‘l sie se va a Barcola,
co’ ‘l cinque in Ospedal.
Co’ l’uno al zimitero,
co’ ‘l sete ala stazion.
Co’ ‘l nove in manicomio
E co’ ‘l diese in canon!

E anca ste mulete tute mate pe’ ‘l capel
Le zerca de ‘compagnarse a qualche bel putel.
Ma co’ le riva a casa, se senti un gran bordel
E pare, mare e fia copa zimisi co’ ‘l martel.

E anca el Tran de Servola
Xe nato disgrazià:
corendo in galeria
in piaza el xe sbrissà.
Drento ghe iera
Diverso personal
Che se ga ribaltado
E se ga fato mal.

E anca el Tran de Servola
Xe nato disgrazià:
rivà fora del tunel
no ‘l se ga più fermà.
Bona de Dio
Che ghe iera el parador,
se no l’andava in piaza
e ‘l finiva in pissador!

Le mule triestine
Xe tropo carigade:
le ga lassà le cotole
per mèterse le braghe.
Le gira in motoreta
Tignindose ‘l capel
Le fuma come cògome
Legendo el “Grand Hotel”.

L’Italia ga pan bianco,
la Francia ga bon vin,
Trieste ga putele
Tute piene de morbin.
Carbon ga l’Inghiltera,
la Russia ga ‘l cavial
e l’Austria ga capuzi
che no se pol magnar.

‘Ste siore sute sute
Con tanto de capel
Le volaria confonderse
Con qualche bel putel.
La sera che xe in casa
Le tira zo’ el capel
E pare, mare e fia
Copa pùlisi co’ ‘l martel.

Andando zo’ pe’ ‘l Corso
Mama mia coss’ che go visto:
do babe che fazeva
un baruffo pe’ un Cristo.
E una zuca forte
Quel’altra tira pian:
a una ghe resta ‘l Cristo
e a l’altra la crose in man!

E anca el Làntuer cinque
Xe nato disgrazià:
‘ndando su in Galizia
In quaranta i xe restà.
Ma el Novantasete
Più furbo lux e stà:
el ga fato piramide
e po ‘l ghe la ga dà!

El mulo Gigi Gnampolo
De mi xe inamorado,
mi che no son difizile
ghe voio ben de cor.
Mi fazo la modista
E Gigi fa el sofér;
se vedi a prima vista
che se volemo ben.

Co’ sta pagheta picola
Go sete fioi che magna,
el gato, el can, la suocera:
per mi xe na cucagna!
Go buba in t’un na gamba,
No posso caminar,
E meo de cussì
Per mi no pol più ‘ndar!

Un giorno, orca madodise,
me sento un mal de denti:
me vien perfin i brividi
co penso a quei momenti,
ma mi che no bazilo
son ‘ndà de la flon Flon:
ciapemo l’automobile
e ‘ndemo a Monfalcon!

E anca sior Carleto
Xe nato disgrazià:
‘ndando fin l’Isonzo
Zo’ in acqua el xe cascà.
Bona de Dio
Che iera su cugnà,
se no ‘l finiva in smoio
in boca al bacalà.”


Un mio pupolo-fumetto del 2013, raffigurante il TRAM-SFORMERS:


Qui sotto, un video slide de “El Tran de Opcina” nell’interpretazione di Lorenzo Pilat, anno 1973:



Qui sotto, una mia versione (sì, canto pure… ma non ballo) in chiave blues. Alla chitarra c’è un caro amico chitarrista napoletano, Luciano Barba alias Lucianone:



Finisce qui questo post. Grazie per l’attenzione e alla prossima!

   René

Fonti:
I quotidiani “L’Osservatore Triestino”, “L’Indipendente”, “L’Adria”, “Il Piccolo e “Il Piccolo della Sera”.
Biblioteca Civica di Trieste.
I libri “LA TRANVIA TRIESTE-OPICINA” di Andrea Dia (Ed. Luglio, 2016), e “LA CASA DEL TRAM DE OPCINA” di Michele Grison (Ed. Luglio, 2002)