Buondì.
L'argomento "sotterranei di Trieste" mi ha sempre appassionato, fin da ragazzino.
In questi ultimi due secoli sono sorte molte leggende (in gran parte svelate negli anni '80 e '90, grazie al paziente lavoro della S.A.S. - Società Adriatica di Speleologia di Ts). Leggende che parlano di lunghi ed estesi collegamenti tra il Castello di S.Giusto e la sottostante Cittavecchia. Un dipanarsi di storie oscure (nel vero senso della parola) facenti riferimento ad un tribunale segreto dell'inquisizione, ed a tre mummie (con tanto di sarcofago d'ordinanza) rimaste nascoste sottoterra per oltre cent'anni.
Dieci anni or sono (esattamente nell'estate del 2001), disegnai un fumetto "Disneyan-patoco" (significato del termine qui: http://triestepatoca.blogspot.com/2011/08/pupoli-miei-in-tema-disneyan-patoco.html ) , ispirato alla celebre storia dell'Omo Vespa. In questo fumetto, trattai molto ampiamente anche alcune di queste leggende sui sotterranei cittadini.
Vi propongo quindi un excursus "pupologicamente corretto" delle più importanti storie sui nostri sotterranei.
Ovviamente se cliccate sopra i disegni, potete visualizzarli in grande!
Ordunque... il fumetto è ambientato nel 1932 (in quell'anno il famoso Omo Vespa entrò in azione, per circa un mesetto), quindi... ecco come si presentava agli occhi del triestino la Chiesa di S.Maria Maggiore:
I lavori di rifacimento di Cittavecchia, ordinati dall'allora podestà Salem, verranno iniziati appena a partire dalla fine di quell'anno. Quindi, prima dello sbancamento di una gran fetta dell'antico quartiere di Riborgo, anche l'imponente Chiesa dei Gesuiti era occultata da antiche case d'origine medievale.
S.Maria Maggiore è uno dei punti nevralgici di varie leggende legate al sottosuolo triestino.
Una di esse vuole, secondo la tradizione popolare (e secondo alcune testimonianze, anche risalenti ad epoche recenti), che tra la chiesa ed il vicino palazzo neoclassico denominato Rotonda Pancera, vi si trovi un cunicolo sotterraneo di collegamento, a sua volta collegato da altrettanti passaggi ipogei.
Ecco il nostro eroe "triestin"... Topolin Morbin, che assieme al fedelissimo Pippo Nagana s'avventura nei sotterranei della Rotonda:
Indietreggiando ancora un po' nel tempo, giungiamo nel 1923, anno in cui, si dice, una fantomatica commissione di Pubblica Sicurezza avrebbe esplorato a fondo, catalogato e poi sigillato definitivamente gran parte dei passaggi sotterranei sotto la Cittavecchia:
Adesso, riandando un po' avanti, possiamo trovare nel 1927 un giovanissimo Diego de Henriquez, alle prese, assieme ad altri due amici suoi coetanei, in rocambolesche espolrazioni del sottosuolo:
Si dice anche che de Henriquez ed i suoi due amici, siano stati gli ultimi individui ad aver visto con i propri occhi i resti della fantomatica "Camera rossa", ovvero un segreto tribunale della Santa Inquisizione, che, secondo la leggenda, dovrebbe essere ancora lì, sotto il pavimento della Chiesa di S.Maria Maggiore, ben occultato.
In anni recenti, come già detto poco più sopra, la sez. di speleologia urbana della S.A.S. di Trieste, ha appurato che la famosa Camera rossa non sarebbe altro che un parto di una certa fantasia popolare di stampo anticlericale, tipica dei territori austriaci di fine '800. Ciò nonostante la leggenda è tuttora viva.
Qui sotto, i padri gesuiti nell'ultimo vano dei sotterranei di S.Maria Maggiore:
Un'altra leggenda prende spunto da un fatto accaduto realmente. Nel 1908, sbarcò in Canal Grande di Ponterosso la nave "Cleopatra", proveniente dall'Egitto. Dalla stessa furono sbarcati tre sarcofaghi, contenenti altrettante mummie. Tali sarcofaghi furono momentaneamente depositati in un antico magazzino sotterraneo sito sotto una casa, oggi non più esistente, in via Crosada, vicino a via Punta del Forno.
I sarcofaghi furono messi in quel luogo, in attesa di venir trasferiti al Museo di Storia Naturale... ma... furono dimenticati lì, e amen. Pochi anni dopo scoppiò la Prima Guerra Mondiale, e delle mummie si dimenticarono tutti, fino al 1993 allorquando un gruppo di ruspe si mise a scavare nell'area dell'ex deposito comunale, nella speranza di ritrovare ancora lì le mummie. E difatti questa leggenda vuole che le mummie siano ancora lì, sotto un moderno strato di cemento armato ed asfalto, ad aspettare l'arrivo di un novello Indiana Jones:
Sempre le tradizioni popolari indicano una possibile entrata a questi vani ipogei nel pozzetto romano situato all'inizio del vialetto d'entrata al Castello di San Giusto:
Come per tanti altri castelli, anche per quello di S.Giusto si suppone l'esistenza di una vasta rete di gallerie di mina e contromina, che sarebbero state usate come via di fuga in caso d'assedio. Tali gallerie sarebbero poi sbucate in alcuni cortili interni di case site nella sottostante Cittavecchia. Secondo la leggenda, la prima volta che una di esse venne usata, fu durante l'assedio ai napoleonici, nel 1813, ad opera degli anglo-austriaci che volevano ripigliarsi le Province Illiriche.
L'assedio sarebbe poi terminato con la resa dei francesi. Ma prima, ben 800 uomini delle truppe napoleoniche restavano asserragliati nel castello, mentre fuori vi era piena battaglia. Le truppe austriache, comandate dal conte Nugent, erano scese dal Carso, mentre gli inglesi erano giunti dal mare, dove cannoneggiavano in continuazione la città, fedelissimi agli ordini impartiti loro dal controammiraglio Freemantle.
Ed è a questo punto che parte la leggenda, la quale narra di come il Commandant d'Armèe Rabié volesse trarre in salvo la propria figlia. Una bellissima ragazza ventunenne, troppo giovane per cadere in mano agli anglo-austriaci... in particolare al nemico giurato di Rabié, il tenente Samuel Chiolich von Lowensberg, attratto dalla ragazza. Il tenente morirà poco dopo questi fatti, nel tentativo di entrare nel vicino forte di San Vito, detto "Sanza".
Rabié, decide di affidare la sua amata figlia ad un amico fidato, il sagrestano di S.Giusto Giuseppe Mainati.
La figlia in lacrime, implora il padre di seguirla, ma il Rabié decide di restare per trattare la resa.
Il terzetto scende nei sotterranei del bastione veneto del castello (quello circolare rivolto verso il mare). Da lì, aperta una pesante botola d'arenaria sul pavimento, il Mainati e la figlia scendono in un ulteriore camminamento ipogeo che segue le soprastanti mura della città, fino alla Tor Cucherna.
Dunque, richiusa la botola alle loro spalle, il sacerdote e la ragazza (travestita da popolana) s'incamminano lungo un oscuro cunicolo in discesa, verso il mare, in cerca della salvezza, proprio mentre parecchi metri sopra le loro teste i combattimenti infuriano.
Seguendo questo tortuoso percorso, i due giungono alla salvezza sbucando proprio da un'altra botola posta nella stalla del cortile della trattoria "Al Monte Nero", sita in via Riborgo n.27, dove l'oste Stephan Rupnik li aspetta.
Durante la discesa sotterranea, il Mainati vuol rendersi generosamente utile nei confronti della ragazza, come possiamo leggere nelle vignette che seguono (cliccandoci sopra per vederle in grande):
Inutile dire che, non appena le truppe austriache entrarono nel castello, dopo la resa dei francesi, il tenente non prese certamente bene la fuga della figlia del comandante.
Questa è la leggenda, dal sottoscritto caricata un po' a puro scopo umoristico-fumettistico.
Nel 1817, il Mainati diede alle stampe alcuni suoi scritti riguardanti la storiografia triestina di quel periodo... in particolare gli avvenimenti del 1813 li narrò nelle sue famose "Croniche":
La leggenda del collegamento tra il bastione veneto del Castello di S.Giusto, la Tor Cucherna e la Cittavecchia, ritornerà nel ventesimo secolo in un'analoga situazione. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1944, alcune truppe tedesche di stanza a Trieste restano asserragliate all'interno del castello, assediate dalle truppe neozelandesi appena giunte in città. Alcuni testimoni oculari affermarono di aver visto in quei giorni sbucare da un portone di una vecchia casa in via Crosada (in Cittavecchia) un piccolo manipolo di soldati nazisti, appena usciti da una diramazione dello stesso tunnel del bastione veneto, di cui ho accennato poco più sopra con le mie vignette.
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Queste sono solo una delle tante leggende che cercherò di illustrare simpaticamente, con parole e vignette... a chi è riuscito a leggere fin qui va il mio ringraziamento più caloroso, sperando sia stata una lettura gradita.
Un salutone, alla prossima!
René
L'argomento "sotterranei di Trieste" mi ha sempre appassionato, fin da ragazzino.
In questi ultimi due secoli sono sorte molte leggende (in gran parte svelate negli anni '80 e '90, grazie al paziente lavoro della S.A.S. - Società Adriatica di Speleologia di Ts). Leggende che parlano di lunghi ed estesi collegamenti tra il Castello di S.Giusto e la sottostante Cittavecchia. Un dipanarsi di storie oscure (nel vero senso della parola) facenti riferimento ad un tribunale segreto dell'inquisizione, ed a tre mummie (con tanto di sarcofago d'ordinanza) rimaste nascoste sottoterra per oltre cent'anni.
Dieci anni or sono (esattamente nell'estate del 2001), disegnai un fumetto "Disneyan-patoco" (significato del termine qui: http://triestepatoca.blogspot.com/2011/08/pupoli-miei-in-tema-disneyan-patoco.html ) , ispirato alla celebre storia dell'Omo Vespa. In questo fumetto, trattai molto ampiamente anche alcune di queste leggende sui sotterranei cittadini.
Vi propongo quindi un excursus "pupologicamente corretto" delle più importanti storie sui nostri sotterranei.
Ovviamente se cliccate sopra i disegni, potete visualizzarli in grande!
Ordunque... il fumetto è ambientato nel 1932 (in quell'anno il famoso Omo Vespa entrò in azione, per circa un mesetto), quindi... ecco come si presentava agli occhi del triestino la Chiesa di S.Maria Maggiore:
I lavori di rifacimento di Cittavecchia, ordinati dall'allora podestà Salem, verranno iniziati appena a partire dalla fine di quell'anno. Quindi, prima dello sbancamento di una gran fetta dell'antico quartiere di Riborgo, anche l'imponente Chiesa dei Gesuiti era occultata da antiche case d'origine medievale.
S.Maria Maggiore è uno dei punti nevralgici di varie leggende legate al sottosuolo triestino.
Una di esse vuole, secondo la tradizione popolare (e secondo alcune testimonianze, anche risalenti ad epoche recenti), che tra la chiesa ed il vicino palazzo neoclassico denominato Rotonda Pancera, vi si trovi un cunicolo sotterraneo di collegamento, a sua volta collegato da altrettanti passaggi ipogei.
Ecco il nostro eroe "triestin"... Topolin Morbin, che assieme al fedelissimo Pippo Nagana s'avventura nei sotterranei della Rotonda:
Indietreggiando ancora un po' nel tempo, giungiamo nel 1923, anno in cui, si dice, una fantomatica commissione di Pubblica Sicurezza avrebbe esplorato a fondo, catalogato e poi sigillato definitivamente gran parte dei passaggi sotterranei sotto la Cittavecchia:
Adesso, riandando un po' avanti, possiamo trovare nel 1927 un giovanissimo Diego de Henriquez, alle prese, assieme ad altri due amici suoi coetanei, in rocambolesche espolrazioni del sottosuolo:
Si dice anche che de Henriquez ed i suoi due amici, siano stati gli ultimi individui ad aver visto con i propri occhi i resti della fantomatica "Camera rossa", ovvero un segreto tribunale della Santa Inquisizione, che, secondo la leggenda, dovrebbe essere ancora lì, sotto il pavimento della Chiesa di S.Maria Maggiore, ben occultato.
In anni recenti, come già detto poco più sopra, la sez. di speleologia urbana della S.A.S. di Trieste, ha appurato che la famosa Camera rossa non sarebbe altro che un parto di una certa fantasia popolare di stampo anticlericale, tipica dei territori austriaci di fine '800. Ciò nonostante la leggenda è tuttora viva.
Qui sotto, i padri gesuiti nell'ultimo vano dei sotterranei di S.Maria Maggiore:
Un'altra leggenda prende spunto da un fatto accaduto realmente. Nel 1908, sbarcò in Canal Grande di Ponterosso la nave "Cleopatra", proveniente dall'Egitto. Dalla stessa furono sbarcati tre sarcofaghi, contenenti altrettante mummie. Tali sarcofaghi furono momentaneamente depositati in un antico magazzino sotterraneo sito sotto una casa, oggi non più esistente, in via Crosada, vicino a via Punta del Forno.
I sarcofaghi furono messi in quel luogo, in attesa di venir trasferiti al Museo di Storia Naturale... ma... furono dimenticati lì, e amen. Pochi anni dopo scoppiò la Prima Guerra Mondiale, e delle mummie si dimenticarono tutti, fino al 1993 allorquando un gruppo di ruspe si mise a scavare nell'area dell'ex deposito comunale, nella speranza di ritrovare ancora lì le mummie. E difatti questa leggenda vuole che le mummie siano ancora lì, sotto un moderno strato di cemento armato ed asfalto, ad aspettare l'arrivo di un novello Indiana Jones:
Sempre le tradizioni popolari indicano una possibile entrata a questi vani ipogei nel pozzetto romano situato all'inizio del vialetto d'entrata al Castello di San Giusto:
Come per tanti altri castelli, anche per quello di S.Giusto si suppone l'esistenza di una vasta rete di gallerie di mina e contromina, che sarebbero state usate come via di fuga in caso d'assedio. Tali gallerie sarebbero poi sbucate in alcuni cortili interni di case site nella sottostante Cittavecchia. Secondo la leggenda, la prima volta che una di esse venne usata, fu durante l'assedio ai napoleonici, nel 1813, ad opera degli anglo-austriaci che volevano ripigliarsi le Province Illiriche.
L'assedio sarebbe poi terminato con la resa dei francesi. Ma prima, ben 800 uomini delle truppe napoleoniche restavano asserragliati nel castello, mentre fuori vi era piena battaglia. Le truppe austriache, comandate dal conte Nugent, erano scese dal Carso, mentre gli inglesi erano giunti dal mare, dove cannoneggiavano in continuazione la città, fedelissimi agli ordini impartiti loro dal controammiraglio Freemantle.
Ed è a questo punto che parte la leggenda, la quale narra di come il Commandant d'Armèe Rabié volesse trarre in salvo la propria figlia. Una bellissima ragazza ventunenne, troppo giovane per cadere in mano agli anglo-austriaci... in particolare al nemico giurato di Rabié, il tenente Samuel Chiolich von Lowensberg, attratto dalla ragazza. Il tenente morirà poco dopo questi fatti, nel tentativo di entrare nel vicino forte di San Vito, detto "Sanza".
Rabié, decide di affidare la sua amata figlia ad un amico fidato, il sagrestano di S.Giusto Giuseppe Mainati.
La figlia in lacrime, implora il padre di seguirla, ma il Rabié decide di restare per trattare la resa.
Il terzetto scende nei sotterranei del bastione veneto del castello (quello circolare rivolto verso il mare). Da lì, aperta una pesante botola d'arenaria sul pavimento, il Mainati e la figlia scendono in un ulteriore camminamento ipogeo che segue le soprastanti mura della città, fino alla Tor Cucherna.
Dunque, richiusa la botola alle loro spalle, il sacerdote e la ragazza (travestita da popolana) s'incamminano lungo un oscuro cunicolo in discesa, verso il mare, in cerca della salvezza, proprio mentre parecchi metri sopra le loro teste i combattimenti infuriano.
Seguendo questo tortuoso percorso, i due giungono alla salvezza sbucando proprio da un'altra botola posta nella stalla del cortile della trattoria "Al Monte Nero", sita in via Riborgo n.27, dove l'oste Stephan Rupnik li aspetta.
Durante la discesa sotterranea, il Mainati vuol rendersi generosamente utile nei confronti della ragazza, come possiamo leggere nelle vignette che seguono (cliccandoci sopra per vederle in grande):
Inutile dire che, non appena le truppe austriache entrarono nel castello, dopo la resa dei francesi, il tenente non prese certamente bene la fuga della figlia del comandante.
Questa è la leggenda, dal sottoscritto caricata un po' a puro scopo umoristico-fumettistico.
Nel 1817, il Mainati diede alle stampe alcuni suoi scritti riguardanti la storiografia triestina di quel periodo... in particolare gli avvenimenti del 1813 li narrò nelle sue famose "Croniche":
La leggenda del collegamento tra il bastione veneto del Castello di S.Giusto, la Tor Cucherna e la Cittavecchia, ritornerà nel ventesimo secolo in un'analoga situazione. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1944, alcune truppe tedesche di stanza a Trieste restano asserragliate all'interno del castello, assediate dalle truppe neozelandesi appena giunte in città. Alcuni testimoni oculari affermarono di aver visto in quei giorni sbucare da un portone di una vecchia casa in via Crosada (in Cittavecchia) un piccolo manipolo di soldati nazisti, appena usciti da una diramazione dello stesso tunnel del bastione veneto, di cui ho accennato poco più sopra con le mie vignette.
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Queste sono solo una delle tante leggende che cercherò di illustrare simpaticamente, con parole e vignette... a chi è riuscito a leggere fin qui va il mio ringraziamento più caloroso, sperando sia stata una lettura gradita.
Un salutone, alla prossima!
René
1 commento:
ben che mai,fa piazer legerte.Continua.
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