venerdì 25 gennaio 2019

"QUA COMANDO MI !" - STORIA DELLA TEMIBILE "BANDA JOHNNY" DI TRIESTE





Qui sopra, un mio pupolo fumetto, raffigurante Johnny mentre fa il bel gagà, nel 1951 a San Giusto (Trieste)



"QUA COMANDO MI !"

Uno dei perentori avvertimenti del leggendario Giovanni Gianoni, tra la fine degli anni '40 e sino alla fine degli anni '50 conosciuto con l'appellativo di "Johnny" (dal nome di una sua barca): marittimo, nato nel 1929 da genitori altolocati, durante gli anni del GMA e sino ai primi anni '60, Johnny e la sua "banda" furono i padroni di San Giusto. Tantissime le pesanti molestie e vessazioni ai danni di numerose coppiette o singole persone che, per loro sfortuna, si trovavano a transitare proprio nei paraggi del covo della banda, ovvero il piazzale accanto alla fontana Littoria. Luogo, quest'ultimo, non scelto a caso, poiché Johnny era un estremista di destra.




Viene ricordato marginalmente in P.Comelli-A.Vezza' "Trieste a destra", dove si racconta che si arruolò nella Polizia Civile appena costituita, ma se ne andò dopo poco perché si rifiutava di fare servizio di ordine pubblico contro le manifestazioni filo italiane (secondo altre voci fu espulso per i suoi atteggiamenti estremisti).




Fu dopo l'allontanamento dalla P.C. che creò la sua banda nella zona di San Giusto e si rese protagonista di svariati scontri di piazza e aggressioni, atteggiandosi anche a teppista stile Marlon Brando. Ai tempi del GMA la giustizia non calco' troppo la mano su di lui, anche perché in quel periodo di gente simile ce n'era parecchia, da una parte e dall'altra. 
Ma quando dopo il 1954 la situazione internazionale e locale in qualche modo si rasserenò, nessuno fu più disposto a giustificarlo o perdonarlo e cominciò a collezionare svariate denunce e condanne per episodi di cronaca nera spicciola non gravissimi ma ripetuti (risse, lesioni, oltraggio a pubblico ufficiale, ubriachezza molesta, ecc... ) che gli allungarono la fedina penale e lo relegarono sempre più ai margini.

Nella foto sottostante, Johnny a Napoli (è quello a sinistra), assieme ad un amico.




Nel sito dedicato all'Associazione BETFOR (British Element Trieste Forces, la controparte inglese dell'americana TRUST), gestito dai veterani inglesi che, assieme agli americani, fecero parte delle forze militari del G.M.A. (tra il 1947 ed il 1954), si può trovare un'intervista a Piero Petruzzi, dove vengono menzionati anche Johnny e la sua banda.  Petruzzi è stato un quadro intermedio del P.C.I. che dal 1950 al 1954 servì nella Polizia Civile del Territorio Libero di Trieste presso il CID (Criminal Investigation Division) e più precisamente nello Squadrone Speciale, una squadra di otto persone che effettuarono il loro servizio in abiti civili per l’ esecuzione di compiti “speciali”.

Qui uno stralcio dell'intervista: "Già agli inizi del 1953 il clima in città e di conseguenza il comportamento della Polizia Civile era stato costretto a cambiare: per la prima volta nel mese di ottobre le pattuglie ebbero l’ ordine di muoversi armate di carabine anche durante il giorno mentre prima il servizio così armato veniva effettuato solo di notte dalle 23.00 alle 07.00 del mattino.  Evidentemente il comando alleato era in possesso di informazioni preoccupanti relative all’ ordine pubblico in città.   Era stato intercettato dalla nostra “intelligence” un telegramma inviato dal Presidente del Consiglio italiano Pella al sindaco Gianni Bartoli in cui Pella raccomandava di evitare manifestazioni, cortei e scontri di piazza  in quanto vi erano in corso trattative delicate sul futuro della città.  

Poco dopo abbiamo appreso che erano arrivati a Trieste dall’ Italia provocatori e personaggi pericolosi. Il denaro arrivava agli agitatori triestini direttamente dagli uffici del Ministero dell’ Interno italiano: così veniva ad esempio finanziato il “Circolo di Cavana per la Difesa dell’ Italianità: si trattava della cosiddetta “Banda Johnny”.  Ci sono documenti firmati da Andreotti in cui compaiono i conti per le spese sostenute: gli “stipendi” per persone, per i veicoli.  Con questi fondi pagavano anche il carburante delle Lambrette che “spontaneamente” correvano per le strade di Trieste con le bandiere tricolori”.

“Tutte le manifestazioni filo-italiane erano organizzate da una minoranza politicizzata a destra che fu quella che commise gli atti di violenza. Naturalmente c’ erano anche manifestanti in buona fede. 
Ma le provocazioni erano continue e le false notizie anche.  
Ad esempio, quando si leggeva su “Il Giornale di Trieste che un pacifico commerciante era stato selvaggiamente aggredito e poi, leggendo il nome, scoprivamo che si trattava di [omissis], cioè di un individuo pagato dall’ Ufficio numero 5 del Ministero degli Interni italiano.   
C’era un garage dove i componenti delle “bande” di Cavana e del Viale si recavano per fare il pieno di benzina ed anche a ritirare le Lambrette per le manifestazioni.  Quando poi l’ Italia tornò a Trieste e questi teppisti non servivano più, parecchi di loro finirono in carcere.  Non erano idealisti: erano in realtà veri e propri delinquenti."

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In un verbale stilato dalla polizia, vi era questo profilo di Johnny: "Psichicamente sano, è di media cultura inferiore.
Rivela tendenza al parassitismo. Opera con l'inganno dell'altrui buona fede e con violenza sulla persona, si associa ad elementi dediti alla malavita ed emula le gesta dei Teddy Boys. Ha spiccata capacità a delinquere. E' incline verso i reati contro la persona e la sua specificità criminosa è la rissa, la lesione personale e l'ingiuria."

Nella foto sottostante, Johnny e due amici si tuffano in piscina, dalla terrazza dell'Ausonia:




Il padre di Giovanni era un commerciante di auto usate ed aveva un magazzino in via dell'Industria. La madre era casalinga.
Giovanni frequenta le elementari e le medie, e a sedici anni si trasferisce a Gavardo, presso Brescia, dove il padre è dipendente del Ministero dell'Interno repubblichino. Dopo la liberazione, trascorso un certo lasso di tempo, ritorna a Trieste, dove nel novembre del 1951 si arruola nella Polizia Civile, dalla quale viene espulso per infrazioni disciplinari, esattamente un anno dopo.

Nella foto sottostante, il Sindaco di Genova riceve Johnny che guida la pattuglia ciclista tricolore al Giro d'Italia, all'inizio degli anni '50. Johnny è il primo da destra, di fronte al Sindaco:




In galera ci finisce presto, e si appella al questore De Nozza con una patetica lettera nella quale rivendica le proprie imprese patriottiche: "Io che ho fatto il Giro d'Italia, in bicicletta, con la staffetta tricolore, per ricordare Trieste agli italiani, io, che sono stato cacciato dalla polizia civile perchè non avevo voluto fare la spia tra i miei amici irredentisti per conto del generale Winterton. Io, che ho dovuto chiedere ospitalità al governo italiano nel '53, come perseguitato politico."
Sotto tale lettera, un bailamme di verbali, denunce, sentenze, fonogrammi, note interne, schede, ritagli di stampa. E una sequela di reati: molestie alle signorine nella zona di San Giusto, risse, ricettazione o incauto acquisto, ricostituzione del Partito Fascista, danneggiamenti, ingiurie, truffa, detenzione di coltelli non ammessi, atti osceni in luogo pubblico, guida senza patente, resistenza a pubblico ufficiale, ecc...
Con lui, i membri della sua banda... alcuni sempre gli stessi, e con il passare degli anni sempre meno numerosi (alla fine rimarrà solo Bruno Lestoni, detto "Cita", poi neppure lui).
Una lunghissima lista di esercizi publici messi a soqquadro: Roma, Mexico, Trocadero, Rino, Costa, Alla città di Gorizia, Alzetta, Piccolo mondo, e tanti altri.
Ad un agente che si qualificava, Johnny rispose: "Se te vol 'ndar a casa con tuti i denti... via de qua." Alla Trattoria della Pace, per un ottavo di vino rovesciato da un avventore, senza volere, con il gomito: "Pecoraio, magname*da, mascalzon!" 

Numerose furono le risse, le denunce ed i giorni di carcere che collezionò durante la sua giovinezza. Tante scorribande anche nel vicino Friuli. Ed anche a Genova. 

Nella foto sottostante, Johnny imita Napoleone, sotto il Castello di San Giusto, primi anni '50:




Una sequela di reati per un personaggio assolutamente bohémienne e tragico, con tanto di filibustieri e belle donnine al seguito, come nella miglior tradizione del gangsterismo romantico da film noir.

Una volta, sulle Rive, Johnny iniziò ad inveire verso il gestore di un locale, urlando come un forsennato: "S'ciavi sporchi, bisogna notarli tuti, perché i xe s'ciavoni. E disfar sto bar con quatro bombe!"

Nella foto sottostante, Johnny negli anni '70, in un'osteria di Trieste:







Con gli anni, Giovanni "Johnny" Gianoni diventò sempre più la caricatura di se stesso, venendo via via abbandonato da tutta la banda (tutti gli altri, nel frattempo, erano diventati dei corretti cittadini); invecchiato, perenne frequentatore di osterie, negli anni '80 si mise a fare il rigattiere in un magazzino-scantinato ancor oggi esistente, posto nell'angolo tra le vie Volta e Cologna. 

Nel frammento sottostante, tratto da Google Maps, come si presenta oggi il magazzino dove Johnny faceva il rigattiere negli anni '80:





In tale magazzino, nel 1984, ad una delle domande del giornalista Luciano Santin (autore di un'intervista per la rivista "Il Meridiano"), in merito alle sue simpatie politiche Johnny disse: "Una tessera in scarsela la gavevo, quela del partito monarchico. Perchè son sempre stado cristiano-catolico-fascista, e monarchico. E nazionalista. Che poi con tuto quel che me son batudo, che me ga tocà scampar... Xe tanti che zigava "Italia, Italia!" e che desso penso che iera meio se i stava ziti. Anca mi, se vedo quel che ga vudo la cità e quel che go vudo mi". 

Nella foto sottostante, la copertina che la rivista "Il Meridiano" dedicò a Johnny nel 1984:




Ad un'altra domanda di Santin, che chiese "Johnny, quale epigrafe vorresti sulla tua tomba?", Johnny rispose: "Dunque... viva il Duce! Opur: non ebbe paura di aver coraggio. No, no. Meio de tuto questa: Con Johnny muore un mito."

Giovanni Gianoni "Johnny" scomparve nel 1989.

I suoi funerali si svolsero lunedì 26 giugno 1989, e vi parteciparono una trentina di persone. Morì per una malattia tumorale. Chiese più volte l'iscrizione al MSI, ma gli venne rifiutata per i suoi atteggiamenti incontrollabili, alla fine poté iscriversi al partito monarchico.
Negli ultimi anni girava vicino al viale, dove ai giovani che lo stavano a sentire (e che lo avevano soprannominato "colonnello Johnny") raccontava le sue passate avventure in cambio di qualche bicchiere.


   René

Fonti consultate:

Sito Bora.La, sezione "Scampoli di storia".

Rivista "Il Meridiano", 1984.

Franco Brussi, appassionato di storia locale.

Ricordi personali di mio papà (classe 1936, una buona annata).

Libro "Trieste a destra" di Pietro Comelli e Andrea Vezzà - Edizioni Il Murice, prima edizione 2013.


"Trieste 1900-1999  cent'anni di storia", vol.XI , ed.Publisport

4 commenti:

Unknown ha detto...

E' interessante questo pezzo di storia della città

Unknown ha detto...

salve
sono un documentarista...sto lavorando a ricerche di fonti sylla banda johnny...potreste contattarmi? v_adamski@yahoo.it

MICHELE PIANIGIANI ha detto...

sto allestendo una mostra fotografica dal titolo "la lambretta a trieste" per festeggiare i 20 anni del club "Trieste in Lambretta". vorrei integrare con questo pezzo di "storia" locale in cui la lambretta è protagonista, seppur in negativo. potrei avere una foto di qualità migliore dell'immagine con johnny e banda in lambretta? sentiamoci all'indirizzo info@triesteinlambretta.com

René ha detto...

Signor Pianigiani, buonasera. Se vuole può prendere la foto postata. Purtroppo la qualità è scarsina di suo, mi dispiace.

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