Bondì, mularia mata…
Oggi, 8 gennaio, è un compleanno per me importante; il compleanno
di Elvis Aaron Presley.
Se fosse vivo (e come Mina sottolineo “SE”), il buon Presley compirebbe ben 82 anni.
Stavolta voglio ricordarlo in maniera triestina, postando una
bella intervista a Lorenzo Pilat realizzata nel 2005 dal giornalista e
produttore discografico Alberto Zeppieri. L’intervista è proprio dedicata ad
Elvis Presley e all’influenza che quest’ultimo ha avuto sulle scelte artistiche
di Pilat nel corso della sua carriera di cantante ed autore.
Lorenzo Pilat, soprattutto a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80, era
noto anche per la sua straordinaria somiglianza fisica e vocale con Elvis, in
maniera assolutamente naturale e spontanea e non frutto di un’imitazione voluta.
Persino le altezze non sono di molto differenti, poiché Elvis era
alto 1.85, mentre Pilat qualcosa in più (sul metro e 90).
Negli anni, Pilat ha molto giocato con questa somiglianza,
essendo lui stesso, da sempre, un grandissimo fan di Elvis. Negli anni ’70 si
esibiva spesso al noto Derby Club di Milano, tempio della comicità meneghina,
assieme a personaggi mitici come Diego Abatantuono, Giorgio Faletti, Teo
Teocoli, Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto, Enzo Jannacci, i Gatti di Vicolo
Miracoli e numerosi altri performer. Al Derby, Pilat apriva gli spettacoli dei
vari comici esibendosi proprio in una parodia di Elvis, dove miscelava
sapientemente Rock ‘n Roll anni ’50 e canzoni folkloristiche triestine
inframezzando il tutto con delle battute di spirito. Il tutto comunque sempre
con il rispetto dovuto all’Elvis reale.
Da queste esibizioni del Derby Club nacque poi una trasmissione
televisiva, nel 1978, intitolata “Elvis
in arte Pilat” dove Pilat si esibiva dal vivo in una piazzetta di Carugate (MI)
rifacendo più o meno quello che faceva al Derby.
Bisogna ancora dire che in quel periodo (anni ’70-’80) Pilat
furoreggiava anche a Trieste, soprattutto d’estate alla storica “Sagra dela
Sardela” di molo Pescheria, dove oltre al repertorio triestino e italiano, non
potevano mai mancare delle sane “americanate”, soprattutto a tema Elvis, dove
Lorenzo dava prova di virtuosismi vocali ed anche musicali, grazie alle sue
svisate impossibili con la sua inseparabile Fender Telecaster, soprattutto nel brano dei Fendermen, "Mule Skinner Blues" (in Italia nota come "Il Blues del Mandriano"), e "The House of the Rising Sun" (in Italia nota come "La Casa del Sole").
Nella foto sottostante, Pilat alla Sagra dela Sardela del 15
agosto 1977, proprio il giorno prima della scomparsa di Elvis!
Le presenze ogni sera (nel periodo che andava dall’incirca metà
luglio fino a fine agosto) si contavano su punte di 2.500 spettatori !
Nelle foto sottostanti alcune immagini di un concerto di Pilat
alla Sagra dela Sardela del 1977. Istantanee realizzate dal mitico decano dei
fotografi triestini, Ugo Borsatti, e successivamente pubblicate sull’LP di
Lorenzo “Io, Trieste” del 1978.
Da ricordare soprattutto le esibizioni di Pilat alla sagra della seconda metà degli anni '80, quando saliva sul palco (allora spostato nella zona compresa tra l'ex Magazzino Vini e la Pescheria Centrale) accompagnato dai favolosi Billows 85 (uno dei migliori gruppi triestini di sempre).
Una vera e propria festa triestina, purtroppo cannata nel 1989 per
le solite lamentele (non dico di chi, ma vi lascio indovinare. Chi di solito
rompe le balls alle sagre, affermando che portano via clienti alle proprie
attività?) avallate dai politici di allora, che così posero una pietra tombale
a quella caratteristica manifestazione rimasta ancor oggi nel cuore a tutti i
triestini dai ’40 anni in su.
Per fortuna, oggi c'è una bellissima sagra su a Campanelle (Trieste), organizzata da Lorenzo Giorgi ed il suo staff, che nell'atmosfera, nella musica e nella simpatia riprende i fasti dell'antica Sagra dela Sardela.
Qui di seguito l’intervista fatta da Zeppieri a Pilat, assieme ad
un simpatico fotomontaggio che ho realizzato alla buona, ispirato proprio alla
trasmissione “Elvis in arte Pilat” e al dualismo tra i due performer.
“Cosa ha rappresentato Elvis Presley per i giovani della sua
generazione? E per chi amava la musica e cercava di entrare in quel mondo? Ne
abbiamo parlato con Lorenzo Pilat, grande autore e interprete e memoria storica
italiana del rock’n’roll.
– Allora, Lorenzo, com’era Elvis, come uomo e come musicista?”
«L’ho conosciuto tramite i dischi, quando avevo 16 anni e cercavo
di imitarlo. Era un ragazzo buono, che ha avuto il successo troppo presto.
Questo ha frenato la sua gioventù, facendolo restare sempre un po’ bambino.
Anche in Germania, durante il servizio militare, è sempre stato vezzeggiato dai
superiori, perché era un simpaticone. Ho visto molti filmati dove giocava con
l’orchestra, che spesso era vittima dei suoi scherzi. Elvis entrava in studio
d’incisione, chiudeva gli occhi e visualizzava il suo pubblico. Ciò dava alle
sue interpretazioni una carica straordinaria, dal rock alle canzoni lente.
Ascolta “One night” e “Jailhouse rock”: nessuno può cantarle come lui. Come
tutti i grandi aveva però attorno delle persone ambigue, che si attaccarono
alla sua capacità di produrre business. La sua morte è stata prematura,
probabilmente anche a causa di questa gente che l’ha sfruttato. Nell’ambiente
dello spettacolo purtroppo avviene. Anch’io – quando frequentavo il Clan di
Celentano – vivevo in una dimensione diversa dalla realtà, in un mondo tutto
particolare. Se non sei capace di mantenere il tuo equilibrio interno, certi
cambiamenti di valori ti mangiano vivo. Stanlio e Ollio, ad esempio, sono morti
poveri, a causa dell’avidità dei loro impresari».
– “Ci sono dei parallelismi tra la musica di Elvis e la tua?”
«Lo swing. Persino quando Presley cantava Are you lonesome
tonight, che è un valzer lento, riusciva a far sentire lo swing, perché il vero
cantante deve sapere cos’è un anticipo od una ritmica data dalle inflessioni
della voce. Elvis usava molto il sistema che usavano gli uomini di colore, nel
gospel, nello spiritual. Con ibridi di jazz uniti ai canti dei piantatori di
cotone, che avevano inventato il ballo della paglia: la base ritmica che poi è
stata l’origine del rock and roll. Anch’io mi preoccupo sempre di mettere swing
nelle mie interpretazioni, persino nel folklore triestino».
– “Hai inciso rock’n’roll anche con lo pseudonimo di Mr. Bunch.
Cosa ricordi di quell’esperienza?”
«Io volevo cantare e invece le case discografiche, che avevano
molti interessi su di me, mi costringevano a scrivere per gli altri. Non
volevano che cantassi, temendo di perdere un autore a svantaggio di altri
interpreti. Così, con il nome di Mr. Bunch, potevo cantare in inglese. Non ho
raggiunto le vette delle classifiche, ma almeno mi sono divertito a cantare il
rock alla Elvis e le mie canzoni».
– “Tu hai un’etichetta, la Poor Cow, forse ispirata da Presley?”
«Indubbiamente. Anche se produco volutamente poco, perché curo i
lavori con attenzione e desidero che i dischi arrivino nelle case. Produrre
tanto ma distribuire male, vendendo poche copie, non serve a nessuno».
– “Intendi arricchirne il catalogo?”
«Sì, perché oltre al repertorio triestino desidero riproporre la
mia versione d’autore delle canzoni che erano state a suo tempo affidate alla
Zanicchi, a Gianni Nazzaro, alla Cinquetti, alla Berti. Il vero significato del
linguaggio melodico di canzoni come Vino amaro, Quanto è bella lei, Alle porte
del sole ed altre, lo può conoscere a fondo solamente chi le ha scritte».
– “Che consiglio daresti a un giovane che voglia provarci
seriamente con la musica?”
«La gavetta! Quando viene da me qualche giovane e mi chiede aiuto,
io cerco di capire se ha davvero voglia di studiare, di ascoltare ed accettare
con molta modestia l’insegnamento di chi ha inventato la musica, come Elvis.
Quello che manca a molti cantanti è l’umiltà: vorrebbero diventare
professionisti prima ancora di fare i dilettanti. Ma non si può arrivare preparati
al successo senza conoscere i fondamentali della musica, per questo io
consiglio di cominciare dalla base».
– “C’è ancora spazio per la buona musica?”
«Sì, anche se la discografia è stata rovinata dai figli dei
discografici. I boss delle etichette piazzano lì i loro ragazzi, li fanno
suonare nei dischi, li fanno diventare direttori. Perché? Mio figlio, ad
esempio, gioca a pallacanestro. Dov’è scritto che deve per forza suonare la
chitarra?».
Alberto Zeppieri
Qui di seguito, un video contenente una bella canzone di Elvis,
anno 1960, intitolata “Are You Lonesome Tonight” e interpretata dal vivo a fine
anni ’70 da Lorenzo Pilat:
René
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